SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro lungo viaggio in Grecia...
prima le coste occidentali delle Isole Ioniche... quelle che più ci sono piaciute nei viaggi precedenti, e poi il periplo del Peloponneso.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di maggio e contiamo di finire entro settembre. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro


Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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sabato 26 agosto 2017

L'ultima penisola di Messinia...

Mercoledì 23 agosto 2017 - 101° giorno di viaggio
Stupa - Kitries (21 km)
Vento W 12-15 nodi (F4) - mare da calmo a mosso - 30°C
I pini del belvedere ci proteggono dal vento che si alza nel cuore della notte e dal sole che compare di primo mattino.
Torniamo in paese per fare una seconda scorta di tabacco e di frutta fresca e ci apprestiamo a partire con la solita calma.
A mezzogiorno il mare è ancora calmo ed il vento non sembra voler crescere: c'è solo qualche increspatura sull'acqua qua e là.
Costeggiamo il paesino di Kardamili, punteggiato di case dai tetti rossi e da una ciminiera di mattoni rossi che svetta sulla lunga spiaggia bianca.
Subito a nord le vallate aperte e morbide cedono il passo ad un ultimo promontorio alto ed impervio, privo di strade e di abitazioni.
Proprio sul capo il vento cresce all'improvviso e crea subito una "lavatrice" niente male.
Per tutto il tempo riusciamo a scattare fotografie, non siamo mai al limite della nostra zona di comfort, solo che oggi succede qualcosa di particolare che quando siamo da soli in mare non smette ancora di stupirci. Dapprima le onde si rincorrono verso la costa con una trama regolare e sempre più grossa man mano che il vento rinforza, poi le onde che sbattono contro la scogliera e cercano di tornare in mare aperto si scontrano con quelle in arrivo e lo spettacolo creato da tutte quelle energie liquide mosse in senso contrario ci lascia a bocca aperta: più che in una classica "lavatrice", ci ritroviamo a navigare tra pinnacoli argentati neanche fossimo entrati in un negozio di cristalli. Ci è capitato spesso di pagaiare nel bel mezzo di un turbinio d'acqua e spruzzi e punte trasparenti che sorgono da ogni dove, come dal nulla: oggi però c'è qualcosa di strano nell'aria, le onde sono più irregolari e "creative" del solito, i nostri due kayak dondolano in continuazione tra quelle collinette che vanno e che vengono, più di una volta dobbiamo rinunciare a scattare la foto da copertina per fare un appoggio da manuale.
Il promontorio prosegue tra una serie di piccoli capi rocciosi per una decina di chilometri: per oltre un paio d'ore non ci sono che due sole possibilità di sbarco e noi proseguiamo alla ricerca del primo.
I clapotis continuano a decorare il mare tutto intorno ai nostri due Voyager. Siamo circondati da candelabri e più le onde si rincorrono e si gonfiano e più queste guglie d'acqua cercano di crescere verso il cielo. Che intanto si è oscurato.
Nuvoloni grigi arrivano da dietro i monti a coprire il mare. Non promettono nulla di buono.
Non appena iniziano a cadere le prime gocce d'acqua, annunciando un classico temporale estivo, ecco che tutto cambia: il mare si spiana, le onde si attenuano, i clapotis scompaiono, tutto diventa di un immoto grigio-azzurro che ci lascia di stucco. Quando il mare è capace di cambiare vestito così all'improvviso è sempre bello starlo a guardare da una posizione così privilegiata da poter spaziare con lo sguardo a 360 gradi.
Dopo una prima breve sosta tecnica per sgranocchiare una barretta e ridurre drasticamente la razione di frutta fresca, l'acquazzone che intanto imperversa sulle nostre teste con una costanza impareggiabile ci costringe ad una breve seconda sosta tecnica: stavolta per indossare le giacche d'acqua! Ma non dobbiamo tenerle su molto a lungo: appena oltre il capo che chiude a nord il vasto promontorio, appena oltre un bel faro in pietra gialla che è stato ormai abbandonato e che lì da solo, senza più luce e senza più finestre, mette un po' di malinconia, avvistiamo un paesino di villeggiatura.
Sistemiamo i kayak dopo l'ultima tamerice che decora la spiaggia attrezzata di una taverna: ceniamo lì, non ci pensiamo due volte!
Il tramonto avvolge noi ed i kayak in una luce rosata che dura il momento del passaggio del sole tra due nuvoloni ancora paffuti appena sopra l'orizzonte. Per la prima volta da non ricordiamo più quanto tempo, montiamo il telo esterno della tenda, nel caso voglia minacciare pioggia anche durante la notte...

Rock-balancing nel Golfo di Kalamata...
Il grande promontorio a sud di Kalamata...
Temporale estivo...
Tramonto a Kitries...

Giovedì 24 agosto 2017 - 102° giorno di viaggio
Kitries - Krani (24 km)
Vento W 10-12 nodi (F4) - mare poco mosso - 30°C
Invece la notte è funestata non già dalla pioggia ma da una serie cospicua di fattori differenti: i due pescatori che rientrano appena fa buio e gettano l'ancora proprio davanti alla nostra casa per una notte; la musica sparata a tutto volume di una festa in discoteca che si svolge probabilmente sull'altra sponda del golfo ma che il vento ci porta dritta in tenda nel cuore della notte; gli uccelli notturni che da queste parti sono molto attivi e ciarlieri e che prediligono tutti o quasi la tamerici sopra le nostre teste.
Insomma, ci svegliamo presto dopo aver dormito poco.
Scegliamo di tagliare al largo l'ampio golfo di Kalamata.
La cittadina è famosa per le olive (se non le conoscete ancora, cercatele e assaggiatele: sono buone da leccarsi i baffi!) ed il folto nucleo abitato è circondato su ogni lato, tanto nella pianura interna che nelle colline circostanti, da una serie pressocchè infinita di uliveti. Ci sono piante di ulivo su ogni declivio, le foglie grigio-verdi si agitano leggere lungo la costa ed ovunque si volga lo sguardo si vedono altri ulivi, solo ulivi: ulivi dappertutto.
Davanti al porto di Kalamata stazionano da ieri tre grandi navi di colori differenti che girano le prue al vento ogni volta che il vento gira.
Non abbiamo molta voglia di costeggiare la città, nè tanto meno di fare la gimcana tra le navi all'ancora.
Preferiamo una navigazione d'altura, oggi, a circa 3-4 chilometri dalla costa: diciamo che scegliamo di costeggiare in maniera creativa.
Ci tocca però pagaiare contro vento: tutto il giorno, inesorabilmente.
Prima procediamo col vento al mascone, nel primo tratto in cui risaliamo un poco verso nord per assecondare la naturale curva a mezza luna del grande golfo di Kalamata. Poi giriamo un poco le prue e ci ritroviamo il vento di prua! E così resta per l'intera pseudo-traversata. Non che sia difficile risalire questo vento costante ma ancora moderato, solo che diventa presto un po' snervante vedere che il gps non segna mai (mai!) più di 4 chilometri orari. Che comunque è una velocità di crociera di tutto rispetto e che ci permette di arrivare a destinazione ad un orario ragionevole, quando sono da poco suonate le sei del pomeriggio.
Con questa scelta strategica, che ci permette di evitare la costa bassa e lineare della piana che separa (o unisce?!) le due penisole del Mani e di Messinia, riusciamo a "risparmiare" un giorno di navigazione: solo che allo sbarco mi sento addosso la stanchezza di due giorni interi! Sarà l'età che avanza, sarà la notte disturbata, sarà che abbiamo oltre tre mesi di navigazione sulle spalle, ma un vento contrario così ostinato ed antipatico non me lo ricordavo dai tempi di Creta!
In mare incontriamo solo un grande catamarano battente bandiera tedesca: il timoniere si avvicina quel tanto per chiederci a gran voce se va tutto bene e al nostro "Yes!" sincronizzato si allontana lento come noi lenti ci allontaniamo da lui. A terra incontriamo solo un signore che, come e meglio di noi, fa scorta di fichi d'india dalle piante che rigogliose crescono sulla spiaggia di ciottoli: noi abbiamo solo una busta di carta per proteggerci dalle spine, lui ha invece ideato un interessante attrezzo con tanto di prolunga che lo tiene a distanza di sicurezza da quei famigerati frutti selvatici. Tredici, ne cogliamo solo tredici: poi passo le successive due ore a togliermi le spine dalle mani e dalle braccia!
Mauro trova anche stasera un luogo ameno e bucolico in cui montare la tenda: tra gli ulivi! E non poteva essere diversamente!
La lunga spiaggia di ciottoli policromi è abbastanza distante dalla strada litoranea da non portarci alcun rumore di civiltà e benchè sotto vento qui non arriva l'eco nè della città nè delle auto in corsa nè tanto meno delle discoteche. C'è solo un fastidioso drone che volteggia sulle nostre teste mentre consumiamo in spiaggia, accanto ai kayak, un pasto frugale a base di grissini e... olive di Kalamata!
Aspettiamo che tramonti il sole alle nostre spalle per infilarci nei sacchi a pelo: ci addormentiamo in men che non si dica!

Risveglio a Kitries...
Incontri in mare...
Campo sotto gli ulivi di Krani,,,
L'ingresso a Koroni...
In uscita da Koroni...

Venerdì 24 agosto 2017 - 103° giorno di viaggio
Krani - Faneromeni (23 km)
Vento variabile W-SW-NW 10-12 nodi (F3-4) - mare poco mosso - 29°C
Colazione all'ombra del nostro ulivo con una parte dei nostri fichi d'india.
Per evitare di ricoprirmi ancora di spine, seguo lo stratagemma del Mammut: li immergo nell'acqua di mare e li lascio in ammollo qualche minuto in una busta di plastica. Poi li sistemo in bell'ordine su uno dei ciottoli piatti delle riva, certamente levigati durante l'inverno dal torrente stagionale che sfocia proprio lì accanto. Infine li pelo con forchetta e coltello: sono maturi al punto giusto, si lasciano sbucciare come una banana. Che soddisfazione: i fichi d'india selvatici sono una vera leccornia!
Il sole ha infuocato la tenda alle otto e mezza del mattino, lasciandoci dormire sonni più lunghi e profondi della notte precedente.
L'acqua davanti ai nostri due kayak è di un verde brillante e ci invita a prendere il mare (sempre a mezzogiorno suonato).
La costa corre ancora bassa e lineare, solo di tanto in tanto interrotta da morbide colline che rendono il panorama fresco e verdeggiante.
Oltre le prime file di tamerici e canneti giallognoli che incoronano alcune spiagge attrezzate, si intravedono degli sparuti paesucoli con le casette basse dai tetti rossi, tutti immersi in distese infinite di uliveti. Ci sono ulivi dappertutto, arrivano fin sul mare.
Incontriamo alcune interessanti scogliere di arenaria dorata prima di avvistare il bel paese di Koroni: una folta schiera di casette dai tetti rossi circondano una chiesa ortodossa e tutte insieme sono raccolte vicino ad una cinta muraria di notevoli dimensioni, un paio di torri massicce che chiudono la fortezza sul lato del mare, e dei lavori di restauro recenti che cercano di preservare quel che resta dell'antica fortificazione in pietra di origine veneziana.
Resistiamo al richiamo delle taverne e come moderni Ulisse ci tappiamo non solo le orecchie ma anche gli occhi, il naso e la bocca e a testa bassa procediamo oltre il porticciolo del paese, fieri di avere superato quella dozzina di taverne senza cedere alla tentazione di sedere ad uno dei loro tavolini così ben apparecchiati lungo il molo. Sgranocchiamo una barretta, come ormai è nostra abitudine da tre mesi e più: fortuna che le barrette greche sono molto gustose, fatte di sesamo e miele come i tradizionali "pasteli" delle feste popolari. Ripartiamo facendo finta di essere sazi.
Superiamo il promontorio roccioso del paese e subito dopo ne incontriamo un altro, sempre di pietra arenaria ma senza fortificazioni.
Dobbiamo pagaiare anche oggi controvento: del resto, dopo aver doppiato in favore di vento le due penisole precedenti di Monemvassia e del Mani, senza quasi credere a quel che stava avvenendo, di avere cioè il vento in poppa sia a scendere verso sud che a risalire verso nord, e per tutte e due le penisole (vale a dire per oltre due settimane di navigazione!), adesso non possiamo proprio sperare di continuare a gabbare la "Legge di Murphy del mare", quella secondo cui il vento soffia sempre in direzione ostinata e contraria alla rotta prescelta. Ci pare di capire, dal benvenuto che già ieri ci ha riservato il vento, che l'ultima penisola di Messinia dovremo farla tutta controvento!
Ci sono delle spiagge attrezzate ricoperte di ombrelloni di paglia ed avvolte da troppe urla di bambini: impensabile sbarcare qui.
C'è anche una grande villa in stile hollywoodiano con tanto di osservatorio astronomico immerso in un parco di pini marittimi: chissà se è un centro di ricerca oppure il passatempo di un semplice appassionato, del resto qui nel Peloponneso l'inquinamento luminoso è così ridotto che le stelle si vedono molto meglio che in tanti altri posti del Mediterraneo e la Via Latta spunta presto al calar del sole come se non aspettasse altro per mettersi in mostra.
Proseguiamo quasi fin sulla (prima) punta meridionale della penisola di Messinia, che sembra come dividersi in due capi, uno più rientrato rispetto all'altro, entrambi protetti da un isolotto che li guarda da vicino. Scartiamo una prima spiaggia perchè è troppo stretta e corta e benchè dotata di una grotta abbastanza ampia da offrire ombra per tutto il giorno, anche al mattino presto, è pure munita di un grande cartello di divieto di campeggio. Se ne incontrano di rado qui in Grecia, di questi strani cartelli, meglio non provare a sfidarli.
Troviamo la nostra casa per una notte su una bellissima spiaggia di sabbia dorata e fine costellata di grossi massi precipitati dal monte: anche questa è attrezzata con uno spogliatoio ed un parcheggio ed un cartello multilingue che invita a rispettare l'ambiente circostante e a non montare tende e a non sostare con camper e a non fare campeggio di nessun tipo. C'è però già una tendina azzurra che occhieggia tra la macchia e proprio davanti al cartello si sono sistemati tre caravan come davanti ad un belvedere: manchiamo solo noi per completare l'opera.
Montiamo la nostra tendina su uno scalino di ciottoli piatti e levigati che basta spostarli e risistemarli un poco per realizzare un piano perfettamente adeguato alle esigenze dell'Uomo di Ferro. Poco sopra c'è un angolino riparato dal vento dove sempre l'Uomo di Ferro, confortato da una birra fresca offerta dall'austriaco di uno dei camper, che si è spostato fino ai nostri kayak per chiedere e curiosare, si diletta nella cottura di un piatto stravagante: stasera niente grissini o pasti frugali, ma dei noodles con un minestrone addizionato di una confezione di funghi porcini! Una cena come si deve!

La punta meridionale della penisola di Messinia...
Il campo sulla spiaggia più bella del Peloponneso...
Verso l'ultimo capo della penisola di Messinia...
Risalendo verso nord...
Una spiaggia comune di un sabato comune di un comune fine agosto in Grecia... 

Sabato 26 agosto 2017 - 104° giorno di viaggio
Faneromeni - Kamaria (20 km)
Vento NW 8-10 nodi (F3) - mare da calmo a poco mosso - 29°C  
Ci svegliamo in una delle cale più belle del Peloponneso.
La vista dal terrazzino panoramico della nostra tendina è straordinaria, su un mare turchese appena increspato dalle prime folate di vento.
Il sole è sorto presto e ci ha svegliato prima del solito: anche l'imbarco è anticipato di un'ora e quasi non riusciamo a credere di essere così veloci.
La costa delle ultime propaggini della penisola di Messinia prosegue bassa e lineare ma con molti capi interessanti: uno assomiglia alla cresta di un drago, un altro ad una tartaruga gigante e ovunque si guardi spuntano scogli isolati ed isole sparse. Le due più grandi, che chiudono idealmente la punta meridionale della penisola come ad avvolgerla in un grande lago interno, sembrano messe lì apposta per proteggerci dal vento contrario del primo mattino. Mi piacerebbe avventurarmi nel periplo di Arnati, Aghia Mariani e Sapienza, soprattutto per via del nome attribuito per chissà quali oscuri motivi a quest'ultima, ma sono tutte e tre, le due grandi laterali e la piccolina centrale, coperte da una macchia diradata, con poche spiagge e pochissimi sbarchi e soprattutto con un profilo basso e morbido che non sembra offrire scoperte interessanti a chi arriva dal mare.
Proseguiamo quindi verso nord, lungo una serie di colline ricoperte di ulivi e di scogliere ricoperte di pini marittimi e di spiagge ricoperte di bagnanti: oggi è sabato e sono tutti in mare sui soliti "motocafonauti". Sbarchiamo per una pausa pranzo & shampoo in una bella caletta troppo frequentata immersa nella macchia mediterranea e ripartiamo quando l'ennesimo drone prende a ronzare sulle nostre teste lavate di fresco.
Il vento cresce e prende una direzione esattamente contraria alla nostra: gli ultimi dieci chilometri contro vento sono come sempre lenti e snervanti, ma almeno ci permettono di evitare altre tre spiagge attrezzate ai piedi del paesino di Finikounda e di dirigere su una delle poche baie deserte del posto. C'è una fila di tamerici molto invitanti e noi non ci facciamo pregare.
L'ombra ha già invaso tutta la spiaggia e sistemare il campo senza sudare sette camicie è sempre piacevole.
Abbiamo tutto il tempo di aggiornare il diario di viaggio e di pubblicare un nuovo post sul blog: accoccolati sui massi levigati vicino alla riva ci godiamo il tramonto (alle nostre spalle) ed il mare che si tinge di rosa (davanti a noi) insieme alle coppie di tedeschi che, ad ondate successive, scendono dalle ville vicine per fare un lungo bagno rinfrescante prima di cena.
Noi invece ci scordiamo di cucinare e... andiamo a letto senza mangiare!

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