Porto Roxa - Limni Keriou, Zante ((30 km)
Vento NW 10-12nodi (F4) - mare poco mosso - 26°C
Sono già tre notti che perdiamo il sonno.
La prima perchè il porto di Agios Nikolaos è molto frequentato fino a notte fonda. La seconda perchè il porticciolo di Porto Vromi è molto frequentato sin dal primo mattino. La terza, stanotte, perchè lo scivolo di alaggio di Porto Roxa è molto più frequentato di tutti gli altri.
Quando torniamo dalla taverna troviamo il triangolo di cemento che avevamo adocchiato per montare la tenda già occupato da un'auto senza targa che sul sedile posteriore carica un enorme cesto per la pesca, quello con tremila ami legati allo stesso filo adagiato in maniera apparentemente inestricabile sul fondo. Alle cinque del mattino arrivano i tre pescatori dell'apocalisse che, senza curarsi minimamente di noi e della nostra tendina montata ad un passo dall'auto senza targa, iniziano una serie di complicate manovre di terra e di mare per sbarcare un motoscafo, per imbarcarne un altro e alla fin fine per imbarcarsi tutti alla volta del mare nero come la pece. Rientrano a mattina fatta, quando noi siamo sfatti per la stanchezza.
Mai avuto occhiaie così marcate durante i viaggi in kayak: quasi mi prende un colpo davanti allo specchio del bar dove mi rifugio per ingurgitare un caffè frappè nella vana speranza di recuperare le energie perse durante la notte insonne.
Porto Roxa non è cambiato molto in dieci anni: c'è un bar che offre sdraio e ombrelloni gratuiti proprio sopra il "nostro" scivolo, una taverna che si apre sui gradoni realizzati sulla scogliera dalla quale fanno tuffi acrobatici adulti e bambini; sulla strada altre due taverne offrono altre sdraio gratuite sistemate tra gli scogli taglienti ed irregolari, tra i quali sono stai realizzati piccoli sentieri in cemento che conducono al mare e che circondano anche un paio di piccole piscine naturali.
La vista panoramica al tramonto diventa indimenticabile e di notte è anche più suggestiva perchè il mare è tutto nero fino oltre l'orizzonte ed in quel buio pesto non si distingue la benchè minima lucina, vicina e lontana, se non quelle delle navi da crociera che accendono l'oscurità per qualche momento soltanto. Il nero della notte è avvolgente e totale e le stelle di colpo diventano milioni di milioni.
Al mattino tutto riprende vita e colore, con lentezza e tranquillità: il bar apre alle dieci, le taverne anche più tardi, nessuno arriva da queste parti fin quasi all'ora di pranzo. Non fosse stato per i tre pescatori dell'apocalisse, con le loro urla notturne e tutto quel trambusto esagerato, avremmo potuto gustare in pieno la pace che questo posto ingiustamente trascurato sa ancora regalare.
Saliamo in kayak già stanchi e contiamo le pagaiate che ci separano dalla sosta successiva, ben sapendo che sarà una lunga giornata di mare.
Come nei due giorni precedenti, anche oggi la tappa è forzata. Non ci sono possibili punti di sbarco lungo tutto il versante sud-occidentale di Zante e anche quei pochi segnati sulla carta non sono più praticabili perchè le frane provocate dai terremoti, così frequenti sull'isola, hanno ostruito o ricoperto le piccole spiagge di ciottoli bianchi che un tempo si aprivano ai piedi di queste pareti strapiombanti.
Per oltre venti chilometri si susseguono senza alcuna interruzione faraglioni, archi naturali e grotte di tutte le forme e dimensioni. Ci ricordiamo ancora dell'espressione rassegnata del nostro amico Papele quando siamo venuti insieme nel 2007: "No vabbè, ancora grotte, ma basta!". Si perde subito il conto, inutile contarle e inutile spazientirsi: a Zante ci sono più grotte che nel resto del Mediterraneo!
Tra i massicci lastroni rocciosi che scivolano in mare da altezze vertiginose e le incredibili stratificazioni bianco panna, rosa fragola e giallo ocra che corrono lungo i versanti scoscesi delle montagne si incuneano così tante cavità che c'è solo l'imbarazzo della scelta, tra grandi e piccole, alte e larghe oppure basse e strette, o qualunque altra combinazione possibile. Ce ne sono così tante che non si riesce ad entrare in tutte: "Ogni volta che pagaio in questa parte di Zante, finisco sempre col buio", ci aveva detto Pavlos qualche giorno prima a Cefalonia. Era capitato anche a noi, proprio nel nostro primo viaggio alle Isole Ioniche del 2007, di sbarcare a notte fonda e di tornare indietro la mattina dopo per riprendere a pagaiare da dove avevamo lasciato in sospeso per via della notte incipiente e inarrestabile.
Oggi il mare ci spinge e tutto scorre più veloce.
Meglio così, perchè con tutto il sonno arretrato che abbiamo rischiavamo di non andare da nessun parte. Facciamo una pausa rigenerante su una spiaggia "cresciuta" ai piedi di una volta vastissima e bianchissima, dove fa un caldo pazzesco e dove temiamo che un sassolino di qualunque dimensione, dalla briciola alla bitta, possa cadere dall'alto da un momento all'altro.
Superiamo di gran carriera il faro nascosto sulla cima del capo sud-occidentale dell'isola: il vento è aumentato e insieme alla bandierina sulla poppa del Voyager di Mauro fa gonfiare anche la bandiera posta accanto al faro e che anche da così in basso ci appare come la più grande che ci sia mai capitato di vedere sventolare su un pennone, pure questo tra i più grandi di sempre.
Sia Kopakonisi che Mysithres sono definiti isolotti (Nisos - Islet) ma nessuno dei due ha un passaggio verso terra ed il secondo, posto proprio sotto il faro, ha soltanto un piccolo arco passante che con questo mare non ci sentiamo di attraversare, visto che il suo strettissimo occhio è tutto occupato dagli spruzzi delle onde che si infrangono rumorose sulla costa rocciosa.
I pini marittimi ricoprono le scogliere con giochi di colori molto suggestivi ed un inseguirsi di luci ed ombre che prosegue per tutto la penisola. L'avevamo chiamato Capo Groviera, questo grande promontorio che chiude a sud-ovest l'isola di Zante: è rimasto com'era, pieno di fori di ogni tipo, in basso al livello del mare ma anche in alto tra gli alberi. E' solo molto più "turistico" di come ce lo ricordavamo, battuto com'è oggi da strane barche a motore che sembrano delle impressionanti supposte colorate: le reazioni dell'Uomo di Ferro sono inenarrabili, ma purtroppo finchè ci sarà domanda, queste armi improprie continueranno a far danni, senza che forse nessuno dei suoi occupanti riesca a rendersi conto dell'offesa così arrecata al mare!
Quando sbarchiamo non facciamo in tempo ad inviargli un messaggio che subito arriva Dimitris e ricominciano le chiacchiere!
Porto Roxa all'imbarco del mattino assonnato... |
La costa sud-occidentale di Zante... |
Il capo sud-occidentale di Zante, col faro nascosto dietro la bandiera, all'inizio di Capo Groviera... |
Sabato 24 giugno 2017 - 49° giorno di viaggio
Limni Keriou - Porto Roma, Zante (19 km di cui 16 in pseudo-traversata)
Vento NW 3-5 nodi (F2) - mare calmo - 27°C
Uccellini sulla tenda, appollaiati in circolo a trillare al nuovo giorno, troppo presto per i nostri tempi.
Quando attaccano a lamentarsi anche i pavoni di chissà quale giardino ci decidiamo ad uscire nel mattino ormai fatto e a raggiungere Dimitris per la colazione al bar. Dopo pochi convenevoli e la solita perfetta introduzione alla giornata di kayak, lo vediamo partire coi quattro clienti alla volta dell'isola di Marathonisi e noi lo seguiamo dopo le "solite" tre ore.
L'isola è diventata famosa tra i turisti come l'isola delle tartarughe, nota anche come Turtle Island, e se la sia guarda da terra ha proprio il profilo di una tartaruga marina. Ha un versante roccioso che guarda Capo Groviera, con un paio di grotte prese d'assalto da vari motoscafi di varie dimensioni, ed un'unica lingua di sabbia che si allunga verso nord come un perfetto triangolo bianco puntato nel mare verde e turchese. Nel 2007, quando l'abbiamo visitata per la prima volta, c'erano tanti trespoli di legno posizionati qua e là per proteggere i nidi delle tartarughe: ora invece l'intera spiaggia è recintata. E meno male, perchè sulla battigia c'è un carnaio di gente ed in mare un intrigo di barche e persino una serie di ben cinque (cinque!) bar galleggianti! Strano modo di gestire l'area marina protetta: a terra è pieno di persone e le spiagge sono ricolme di ombrelloni, anche se vige il divieto di frequentarle dopo il tramonto e fino all'alba, il momento in cui le tartarughe depongono le uova; in mare, poi, è pieno di motoscafi e supposte colorate che vanno continuamente avanti e indietro, anche se vige l'obbligo di non superare i sei nodi. Sono anche state individuate tre zone distinte ed in quella denominata A, sul versante orientale dell'ampio Golfo di Laganàs, è stato introdotto il divieto assoluto per qualsiasi attività, quindi nessuna imbarcazione, neanche un kayak, può transitare o gettare l'ancora o men che meno pescare. Bene, ottimo, per tutelare la tartaruga Caretta caretta minacciata d'estinzione siamo ben disposti a rinunciare a qualche chilometro di costa: solo che quel versante del golfo è quello con meno spiagge e con più scogliere rocciose, mentre dove le spiagge sono più lunghe e più appetibili per le tartarughe la zona di riserva è soltanto B, cioè le barche possono transitare ma non gettare l'ancora.
Vabbè, ci aspettiamo di non vedere neanche l'ombra di una tartaruga.
Facciamo rotta verso il largo, puntando l'altro isolotto del golfo, il Pelouzo che segna il limite tra la zona A e la zona B ed il confine di tutta la riserva marina: in acqua troviamo solo due boe arancioni con delle lettere nere pitturate a mano che fanno quasi tenerezza. Non c'è nessun controllo in mare, come invece avevamo trovato nel 2007 e anche nel 2009, quando un gommone di guardia-parco ci aveva affiancato per spiegarci fin dove potevamo spingerci in kayak e dove invece cominciava la zona di tutela assoluta. Mauro ad un tratto mi fa: "Ma come pensano di garantire una tutela assoluta se poi costruiscono un albergo di... quattro, cinque, sei, sette piani!?!". Capisco solo dopo un bel po': "Mauro, quello non è un albergo ma un uliveto disposto su terrazzamenti". "Bene, è giunto il tempo di un più accurato controllo oculistico", chiosa l'Uomo di Ferro.
Chiudiamo la traversata del golfo puntando sulla cresta rossa e bianca che sovrasta l'ultima spiaggia protetta e che in un punto sembra mangiata da un gigante che ha morso la parete di arenaria argentata.
Il versante orientale di Zante è pieno di ville con piscine, forse tutte alimentate con acqua salata: non è più l'uomo che va al mare, ma il mare che va all'uomo. E l'isola cambia volto all'istante, in maniera del tutto inaspettata ma molto sgradevole... Peccato.
Siamo però sempre convinti di una cosa, che si è rivelata una piccola grande verità nei tanti nostri viaggi in kayak e che per questo abbiamo fatto diventare anche un motto nella nostra vita di tutti i giorni: c'è del bello in ogni cosa, anche la più brutta. Lungo questa costa deturpata, con alberghi di troppi piani e case troppo vicine al mare, c'è un angolo ancora curato e tranquillo, con una bella taverna mimetizzata tra la macchia e gli ulivi e con una piccola spiaggia di sassi policromi lavorati dall'acqua. Ceniamo al tramonto in compagnia di Dimitris e della risacca del mare, mentre al largo passa un traghetto che si infuoca con l'ultimo raggio di sole.
Il primo arco di Capo Groviera |
Il secondo arco di Capo Groviera... |
La supposta galleggiante gialla... |
La spiaggia attrezzata di Limni Keriou |
Brindisi con Dimitrsi: Yamas! |
La calca di Turtle Island |
L'isola di Pelouzo |
Domenica 25 giugno 2017 - 50° giorno di viaggio
Porto Roma - Porto Roma, Zante (0 km = 140 km in motorino!)
Vento variabile - mare lontano! - 28°C
Per la prima volta non montiamo la tenda: dormiamo sui lettini prendisole della spiaggia.
Dimitris è stato così gentile da telefonare ad un amico per aiutarci a noleggiare un motorino: vogliamo visitare l'interno di Zante e su suo suggerimento cominciamo dal paesino di Keri, appollaiato sulla cresta di Capo Groviera, proprio a un chilometro dalla bandiera greca più grande di tutte e dal faro del capo sud-occidentale dell'isola.
Ma quanto è difficile la vita a due ruote!
Chissà perchè riusciamo a passare giorni interi col culo in kayak ma non siamo capaci di sopportare più di un'ora seduti in motorino!
Oggi è uno strazio, una tortura, un incubo: ogni tot dobbiamo fermarci per un altro tot, di solito ben più lungo del primo, per sgranchirci le gambe e per riattivare la circolazione, nella zona della natiche soprattutto. Nonostante questo procedere a singhiozzo, riusciamo a visitare una buona metà dell'isola, specie lungo il versante occidentale più solitario e selvaggio, dove non passa nessun altro, nè in auto nè in moto. Finiamo per arrampicarci su per i tornanti che conducono a due paesini dell'entroterra che Dimitris ci aveva consigliato e ci ritroviamo circondati solo da uliveti e vigneti. Da queste parti non ci sono rotonde con strani diritti di precedenza, sempre a chi proviene da destra, come avevamo trovato a Cefalonia durante il Lumakakis quad tour, ma ci sono invece degli strani segnali stradali che non sempre riusciamo a decifrare. Ci godiamo la visita sulla garrota a due ruote fin tanto che ce lo consentono le nostre chiappe. Poi torniamo mogi mogi verso il punto di partenza.
Dimitris è così carino che ci viene incontro nella capitale Zante anche stasera, per un saluto veloce per il nostro ultimo giorno sull'isola. Nonostante il lavoro intenso, le giornate piene e la fatica evidente, Dimitris ha sempre trovato il tempo per stare un po' con noi e per aiutarci ad organizzare al meglio il nostro soggiorno a Zante, scegliendo i ristoranti più caratteristici e riempiendo le serate di chiacchiere divertenti sul kayak e sul suo lavoro di guida. Oggi non ceniamo insieme perchè siamo tutti troppo stanchi per starcene ancora in giro, anche se per motivi completamente diversi: lui perchè è nel pieno della stagione lavorativa, noi perchè abbiamo fatto l'errore di salire su uno trabiccolo dal sellino scomodissimo.
Rientriamo alla "nostra" taverna sul mare sporchi di polvere e puzzolenti di smog, perchè la città di Zante ci sembra una grande metropoli in confronto agli altri piccoli villaggi dell'isola. Siamo stanchi morti, più di quando pagaiamo per ore intere, e siamo anche affamati come poche altre volte. Ci aspettano i piatti speziati e delicati di Joanna, la cuoca migliore dell'isola: chiacchieriamo con una coppia di austriaci che da quindici anni trascorre qualche settimana a giungo in una casetta circondata da un vasto giardino proprio a due passi dalla taverna e che si incuriosisce al nostro viaggio non appena capisce che ci sono due kayak sulla spiaggia appena oltre la fila di ombrelloni.
Dormiamo ancora sulle sdraio, dopo che con qualche fatica riusciamo a sfilarci dai racconti di Joanna, che oltre ad essere una grande cuoca è anche una grande chiacchierona.
L'estremità sud-orientale della riserva marina di Zante... |
Le creazioni di Porto Roma |
Prima notte senza tenda! |
Garrotatis bike tour in Zante! |
Il paesino di Kiliomenos |
Cucina d'autore! |
Lunedì 26 giugno 2017 - 51° giorno di viaggio
Porto Roma, Zante - Akrotiri Tripiti, Peloponneso (19 km di traversata)
Vento W-SW 5-6 nodi (F2) - mare calmo - 29°C
Il cielo sulle nostre teste è carico di stelle.
La notte è silenziosa, interrotta solo dallo stridio dei nostri materassini adagiati sulle sdraio di tela.
Il mattino si annuncia lungo, lento e caldissimo, con l'aurora che accenda l'orizzonte di un arcobaleno cupo come disegnato a colori pastello.
Salutiamo la nostra ospite preferita, Joanna, che oggi tiene un corso di cucina con cinque signore olandesi un po' imbranate, a giudicare da come si muovono impacciate ed insicure nei vari spazi della cucina aperta sulla terrazza panoramica. Joanna invece è sempre sorridente, anche se il caldo e la stanchezza rendono evidente che la stagione ancora lunga lascerà presto un altro segno sulle sue gote rosse come ciliege. Ci saluta con un misto di ammirazione e nostalgia, che è un po' anche la mescolanza di sentimenti che noi proviamo nel lasciare lei e la sua isola.
La traversata si annuncia facile e tranquilla, sin troppo. E' tutto così immoto che la coltre di umidità nasconde tutto il Peloponneso.
Non tira una bava di vento e per la prima ora facciamo fatica a tirarci via dalle orecchie i rumori molesti della costa animata dagli sport acquatici, con le moto d'acqua a fare avanti e indietro, i motoscafi a tirare banane e divanetti gonfiabili e pure dei "tira-salsicce" che corrono a motori spianati per far sollevare sull'acqua un gigantesco paracadute con due persone appese sotto come due salamelle. Quando finalmente siamo abbastanza lontani dalla costa da sentire di nuovo il suono delle gocce che scivolano giù dalla pagaia, si affianca alla nostra rotta il piccolo traghetto che fa la spola tra la città di Zante ed il porto di Killini sul Peloponneso e per un'altra ora rimbomba il suo brontolio in maniera così persistente da far vibrare persino il pozzetto dei kayak. Poi finalmente torna il silenzio.
E le tartarughe che non avevamo visto a Zante, l'isola delle tartarughe, si fanno vedere tutte in traversata.
Mauro ne avvista una a pelo d'acqua ma quella si inabissa non appena vede l'ombra del kayak avvicinarsi. Poco dopo ne avvisto una anche io e riesco a seguirla per qualche tempo senza che lei se ne abbia a male. Quando siamo quasi in prossimità della costa del Peloponneso ne compare una terza che sembra voglia accompagnarci per un tratto, volando leggera e veloce appena sotto i nostri kayak e seguendo la nostra stessa rotta senza spostarsi mai. Si lascia fotografare, filmare e persino salutare, quando sopraggiunge un piccolo catamarano a vela che taglia l'acqua così veloce da spaventarci tutti, noi e la "nostra" amica tartaruga.
Dopo quattro ore tonde, come previsto, sbarchiamo su una bella spiaggia a mezza luna chiusa sul lato terra dal un paesotto di case colorate a più piani e sul lato mare da una serie di scogli lavorati dall'acqua e dal vento. Akrotiri Tripiti è invitante per noi e per i kayak: c'è posto a sufficienza per montare la tenda sulla sabbia fine e c'è anche tempo sufficiente per aspettare il tramonto in taverna, quella affacciata sul mare da una terrazza di legno ricolma di divanetti imbottiti.
Speriamo di tutto cuore di dormire più a lungo, così da recuperare un po' del sonno perduto nei giorni passati e da tornare ai nostri soliti ritmi lenti, con le notti di dieci e più ore filate, piene di sogni e di stelle (specie ora che col caldo in aumento non abbiamo più bisogno di montare il telo esterno della tenda): ci godiamo tutto il tepore di questa serata greca e ritroviamo il canto notturno dell'uccello-sonar, che nel frattempo abbiamo scoperto essere un assiolo, un bellissimo rapace simile ad un piccolo gufo dagli occhi grandi e dallo sguardo smarrito... chissà perchè si appostano tutti così vicino al nostro campo!
La speciale ninna-nanna non ci disturba affatto e anzi ci suona familiare: dobbiamo riprendere le forze perchè da domani comincia l'esplorazione degli oltre mille chilometri di costa del Peloponneso e siamo sicuri di vivere nuove emozioni e nuovi incontri. Hella, hella!