SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro lungo viaggio in Grecia...
prima le coste occidentali delle Isole Ioniche... quelle che più ci sono piaciute nei viaggi precedenti, e poi il periplo del Peloponneso.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di maggio e contiamo di finire entro settembre. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro


Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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martedì 8 agosto 2017

Il caldo è insopportabile!

Domenica 6 agosto 2017 - 84° giorno di viaggio
Kyparisi - Paralia Arianna (36 km)
Vento N 4-5 nodi (F2) - mare quasi calmo - 42°C
La notte passata sul molo del porticciolo di Kyparisi è stata la più calda di sempre.
Il cemento ha assorbito tutto il sole del giorno e, benchè sia andato in ombra già alle sei del pomeriggio, l'ha rilasciato gradualmente durante le ore notturne, rendendo infuocata la tenda, i materassini e i nostri corpi.
Abbiamo sudato anche senza muoverci e abbiamo dormito troppo poco per i nostri gusti.
Ci consoliamo con una tripla colazione alla taverna sul mare dove abbiamo già cenato ieri sera: prima salata con una bella frittata di formaggio e pomodori (l'abbiamo già detto che il sapore dei pomodori greci è insuperabile?!?), poi dolce con pane e miele e contorno di cocomero fresco ed infine con il rinforzo di un doppio cappuccino freddo, quello annegato nel ghiaccio.
La cala di Kyparisi è arieggiata al punto che nessuna delle vele attraccate al molo accenna a prendere il mare.
Appena oltre la bocca del golfo, però, spira una leggera brezza che ci accompagna verso sud.
Saliamo in kayak sollevati all'idea di andare là fuori a prendere un po' di fresco.
Il ruggito del mare si percepisce ancora sotto le scogliere rocciose che contornano questo tratto della penisola di Monemvassia e le montagne sono ancora incise da profonde gole che scendono irregolari dai picchi rocciosi e spogli fino alle strette vallate ricoperte di macchia mediterranea. Per oltre 15 chilometri, andando da Kyparisi verso sud, non ci sono sbarchi possibili e lungo la costa frastagliata ed inaccessibile si rincorrono solo orridi e canyon molto spettacolari. Di tanto in tanto si aprono fenditure nella roccia a picco sul mare e in quelle spaccature crescono delle gigantesche piante di capperi. Poco dopo, però, ritornano le colline morbide ricoperte di velluto, una folta vegetazione bassa ed intricata dove solo di tanto in tanto si innalza un albero poco più alto degli arbusti che lo circondano, come una maglia tirata nella trama di un tessuto.
Scegliamo di fare una breve sosta nell'ampia baia di Belese, dove una gola lunga e selvaggia scende dalla dorsale montuosa fino al mare, segnata da un torrente stagionale e forse da un sentiero che però non capiamo dove vada a finire. Non si vedono case o alberghi, e anche la strada costiera corre più all'interno, tanto che non si sente nessun rumore molesto all'intorno. Fatta eccezione per i tre motoscafi che vengono a gettare l'ancora davanti ai nostri kayak e che traccheggiano a lungo per sistemare i parabordi così da rimanere zatterati per il resto della giornata.
Il caldo e la ressa ci fanno riprendere il mare.
La costa adesso corre bassa e ondulata, tra colline ricoperte dalla vera macchia mediterranea, quella a macchie, per intenderci. Si intravedono alcune torri diroccate che, per essere così ravvicinate, abbiamo imparato a riconoscere come dei vecchi mulini a vento ormai abbandonati. Ancora non si vedono costruzioni di nessun tipo e solo quando ci portiamo sotto le scogliere di Limenas Gerakas scorgiamo le mura ciclopiche del sito archeologico che impreziosisce il paesino costiero già di suo molto caratteristico: l'ingresso del golfo è molto stretto, come molto stretto è anche il canale interno che porta ad una laguna sempre molto stretta, che si allunga nell'entroterra per qualche chilometro e che non offre alcuna possibilità di attracco per i nostri due piccoli panfili. La stradina costiera asfaltata corre tra l'acqua bassa e stagnante e le recinzioni dipinte di blu delle villette disseminate lungo il bacino interno e quando arriva al piccolo molo di attracco delle barche a vela (una decina di posti in tutto!) si insinua tra i tavolini apparecchiati delle tre taverne che arricchiscono il porto. Dopo aver perlustrato tutta la zona in cerca di un possibile campo per la notte dobbiamo ritornare sui nostri passi, uscire da questa curiosa e accattivante località poco turistica e continuare la nostra ricerca qualche chilometro più a sud.
Cinque per l'esattezza.
Oltre il promontorio alto, roccioso e biforcato di Akrotiri Gerakas si apre la nostra spiaggia per una notte.
Non facciamo in tempo a sbarcare che da lontano, nonostante la luce contraria del sole calante, scorgiamo due ciclisti ed una famigliola con bambini intenti a sventolarsi con i più disparati attrezzi: i genitori con i tubi rossi galleggianti per gli esercizi di acqua-gym, i bambini con le magliette ed i due ciclisti con le scarpette da bici, tanto che spingono le loro due ruote sulla spiaggia di ciottoli ancora scalzi e sempre scalzi imboccano il sentiero sterrato che porta alla strada principale. Ci sono vespe agguerrite ovunque. Ricoprono i nostri due kayak in un solo istante e ci succhiano le ultime energie rimaste: poche, a dire il vero. Per prima cosa montiamo la tenda, operazione difficile sotto i loro attacchi volanti, e una volta chiusi dentro ci mettiamo a mangiare... Poco, a dire il vero, perchè il caldo ci ha prosciugato e non abbiamo solo voglia di dormire!    

Il risveglio sul molo infuocato di Kyparisi... 
Sosta nella cala di Belese...
La baia interna di Limena Gerakas...
Lo sbarco sulla spiaggia delle vespe...
Il versante settentrionale del promontorio di Monemvassia... 

Lunedì 7 agosto 2017 - 85° giorno di viaggio
Paralia Arianna - Aghios Fokas (25 km)
Vento N 1-3 nodi (F2) - mare calmo - 43°C
Ingaggiamo una battaglia impari con le vespe ancora prima di svegliarci perchè per resistere alla seconda notte più calda del viaggio abbiamo dormito con tutte e due le zanzariere della tenda aperte, così che alle sei del mattino oltre alle zanzare e alle mosche fanno il loro ingresso trionfale anche le ottomila vespe del posto. Proviamo a respingerle e a mantenere la posizione e la calma fino alle otto, ma poi il sole si allea con il regno animale e non c'è più niente da fare. A mala pena, riusciamo a fare colazione in tenda, protetti dalle vespe ma distrutti da temperature simili a quelle di un vulcano in eruzione. Arriva poi il momento di affrontare il mondo esterno: popolato solo di vespe fameliche! Non funziona versare dell'acqua dolce in punti strategici lontani dalla tenda, per riuscire almeno a smontare il campo con due mani: passiamo invece tre ore a sventolarci freneticamente con uno strofinaccio, brandito con la mano destra a mo' di spada laser (peraltro del tutto inefficace!) e a riporre ogni pezzo della tenda con la mano sinistra (con esito pressoché disastroso!).
Siamo cotti per la mancanza di sonno e per la calura africana che tutto avvolge: così stanchi prima di salire in kayak non lo siamo mai stati.
Fuori dalla cala c'è una leggera brezzolina da nord che ci spinge dolcemente oltre l'ampio golfo che ci separa da Monemvassia.
Il promontorio di questo luogo speciale sorge maestoso dal mare ed è visibile a chilometri di distanza.
Quando finalmente siamo sotto il suo faro, possiamo ammirare i resti della fortificazione che corre tutto intorno alla sommità del monte ed il profilo netto della chiesa di Aghia Sofia, uno splendido esempio di luogo di culto ortodosso che in questo momento della giornata, sotto il sole cocente di mezzogiorno, offre a chi passa per mare le sue cupole di tegole rosse, le sue alte mura di mattoni rossi e le sue ondulate decorazioni esterne, sempre in tegole rosse, come per far risaltare i riflessi di luce sulle sue piccole finestrelle quadripartite.
Lo spettacolo continua poco oltre il nuovo faro del capo orientale di questo massiccio allungato in mare: le mura esterne, tutte merlate, del borgo fortificato si ergono sulle scogliere lambite dalle acque fredde e profonde del Mar Egeo e proteggono un paesino arroccato sul versante meridionale della rocca. Ricorda vagamente le Chora delle Isole Cicladi, i villaggi costruiti in collina lontano dal mare per evitare gli assalti dei pirati, ma Monemvassia è costruita tutta di pietra e anche le tegole dei tetti si mimetizzano con le tonalità del posto, tanto che quasi stride il bianco abbacinante delle due chiesette ortodosse che fanno capolino dalle mura. Lungo la scogliera si apre una porticina con l'arco a sesto acuto, ricavata nelle mastodontiche mura perimetrali e così piccola da sembrare quasi l'uscita del topolino: i bagnanti la usano per raggiungere il mare, dopo la visita d'obbligo al centro storico.
Noi saltiamo il giro turistico perchè le temperature sono prossime a quelle di fusione del ferro!
Ci rifugiamo invece prima in una taverna sul mare che pure essendo all'aperto e all'ombra ha attivato due ventilatori giganteschi e poi nel più vicino supermarket: apprezziamo così tanto l'aria condizionata che siamo tentati di restare a contemplare per il resto della giornata lo scaffale dei detersivi per i piatti. Fuori si muore dal caldo. Saliamo subito in kayak in cerca di refrigerio ma anche il mare ribolle. Seguiamo la rotta del "filo-di-gomitolo-quando-c'ha-appena-giocato-il-gatto", uno stratagemma che ci permette di inseguire per qualche chilometro le piccole lingue di brezzolina appena accennata sull'acqua. Speriamo di riprendere a respirare ma quella bava di vento è infingarda e traditrice, appena la raggiungiamo se ne va, lasciandoci i mezzo ad un mare d'olio bollente...
Ad un certo punto il miraggio: degli alberi sulla riva. Viriamo di 90°, convinti di avere scovato un posto all'ombra! Invece le piccolo piantine sono state da poco piantate al bordo di una strada sterrata che si inerpica nella vallata e non c'è la minima possibilità nè di sbarcare coi kayak nè di montare la tenda. Proseguiamo mogi e spolpati per altri 4-5 chilometri, finchè non scorgiamo una piccola caletta incastonata tra alcuni scogli affioranti segnalati con i paracarri stradali (!): c'è un triangolo di sabbia rossa, una serie di scogli irregolari ed un giardino aperto ed incolto subito oltre. Mauro riesce a ricavare, sudando come una doccia, uno spazio adatto per la nostra casetta ed io riesco a non rompermi una gamba andando su e giù per la scogliera dissestata. In acqua c'è talmente tanta plastica che galleggia in libertà che ci chiediamo perchè mai abbiamo raccolto quelle cinque buste a testa: per lasciarle (vorremmo ma non lo facciamo!) sopra al pannolino per bambini (usato!) che qualcuno ha dimenticato (!!!) sugli scogli!
La serata è meravigliosa: lo sguardo spazio sul mare aperto che si colora di porpora appena il sole tramonta dietro le due tamerici che, insieme alla leggera brezzolina serale, hanno contribuito ad abbassare notevolmente la temperatura percepita (sia esterna che interna, visto la rabbia scomposta che ci prende ogni volta che constatiamo quanto bravi siamo a sporcare un mare che sarebbe altrimenti limpido e stupendo...). Non ci sono nè vespe nè zanzare. Al largo incrocia qualche barchetta ritardataria: non la vediamo ma il borbottio del motore ci arriva attraverso la bruma serale.
Ci godiamo l'eclissi di luna senza dover fare altro che sdraiarci in tenda col naso all'insù...

Monemvassia vista dal mare!
Il cimitero di Monemvassia
Campo in una caletta senza nome nei pressi di Aghios Fokas...
Aspettando l'eclissi parziale di luna piena...
Il promontorio di Kamili, l'ultimo prima di Capo Maleas...
Il porticciolo di Velanidhia

Martedì 8 agosto 2017 - 86° giorno di viaggio
Aghios Fokas - Velanidhia (20 km)
Vento N 15-20 nodi (F5) in attenuazione - mare da mosso a poco mosso - 40°C
Non c'è niente da fare: la terra è infuocata.
Il cemento del molo, i ciottoli della spiaggia, la terra battuta di questo sterrato: tutto scotta!
La notte è stata un altro incubo di sudate, svegliate, bevute e altre sudate: non tira un alito di vento e la tenda è una sauna.
Partiamo già stanchi, sperando che questa alta pressione passi in fretta e arrivi finalmente il vento annunciato: serve per sopravvivere!
Le onde si ricoprono di ochette bianche non appena saliamo in kayak e il mare si agita per bene durante le prime ore di navigazione.
Ci basta poco per raggiungere la cala della sosta: Kastania è l'unica spiaggia che si apre lungo questo tratto di costa selvaggio e disabitato. Ci sono un grappolo di casette di pescatori e una manciata di gozzi tirati in secca sui ciottoli arroventati: poche persone intorno, un paio di turisti inglesi, due bambini in acqua. Il vento è durato appena un paio d'ore e adesso s'è stancato: non raggiunge il fondo della baia e ci fa morire di caldo anche qui.
In questo viaggio non è tanto il mare ed il vento a tenerci occupati, come era stato lo scorso anno alle Isole Cicladi, quanto piuttosto il caldo: la vera sfida di questa estate in kayak è sopravvivere alla temperatura che sale ogni giorno di più e che non ci lascia tregua alcuna...
Ci sono segni di incendi nei dintorni: ne avevamo visti molti sulla strada tra Atene e Nafplio, quando abbiamo sospeso il viaggio per volare a Glasgow, e poi ancora lungo le coste del Peloponneso in diversi punti sia sul mare che nell'entroterra. Molti sono roghi passati perchè la vegetazione è ricresciuta tutta intorno: ricordo che nel 2007, il primo anno in cui siamo venuti in Grecia in kayak, il Peloponneso era andato a fuoco e c'erano stati oltre che ingenti danni anche molti feriti e ben 63 morti! Lo ricordo bene perchè nel diario di quel viaggio ho conservato la foto di copertina della rivista settimanale "Internazionale", una immagine satellitare dell'intera regione avvolta da altissime lingue di fumo che da tutto il Peloponneso salivano alte verso il cielo... Una pratica dura a morire, quella di dare fuoco alla terra. E dieci anni non sono serviti ad imparare la lezione: gli incendi che anche quest'estate hanno funestato Grecia, Italia e molti altri luoghi meravigliosi in giro per il Mediterraneo hanno lasciato una nuova scia di morte e di cenere e chissà se basteranno altri dieci anni per far ricrescere qualcosa... La storia insegna ma non ha scolari, diceva Gramsci! Che tristezza!
Ripartiamo nella speranza di trovare rinfresco e conforto in mare ma dobbiamo ricrederci subito: nonostante le continue abluzioni la temperatura è tale da farci boccheggiare fino all'arrivo. Anche il porticciolo del paesino di Velanidhia è inondato dal sole ma non è toccato dal vento: prevediamo un lungo pomeriggio di attesa: questo è l'ultimo punto di approdo prima di affrontare Capo Gerakas, l'estrema punta meridionale della penisola di Monemvassia, esposto più di ogni altro a venti e correnti che qui si incontrano provenendo sia dall'Egeo che dall'Adriatico. Non ci sono altri possibili sbarchi per oltre 20 chilometri e così provati dal caldo come siamo preferiamo rimandare di un giorno l'incontro col temibile capo.
Speriamo di riuscire a dormire un po' meglio delle sere passate, accoccolati tra i gozzi del porticciolo, non sul cemento del molo ma sulla sabbia nera della spiaggia, che se era incandescente al nostro arrivo magari lo sarà meno durante la notte...
Intanto, siccome è risaputo che quando non si dorme si deve mangiare di più, ci sediamo in taverna fino al calar del sole!

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