SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro lungo viaggio in Grecia...
prima le coste occidentali delle Isole Ioniche... quelle che più ci sono piaciute nei viaggi precedenti, e poi il periplo del Peloponneso.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di maggio e contiamo di finire entro settembre. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro


Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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giovedì 15 giugno 2017

Due giorni col vento in poppa!

Martedì 13 giugno 2017 - 38° giorno di viaggio
Paralia Petani - Konoupetra, Cefalonia (23 km)
Vento NW 12-17 nodi (F4-5) - mare da calmo a mosso - 25°C
Alla fine in questo posto ci passiamo 24 ore filate.
Petani è una baia spettacolare, una di quelle da cartolina.
Ed i tre ragazzi allegri e scanzonati che gestiscono la taverna più ombreggiata della spiaggia sono un vero spasso: ci accolgono con tutti gli onori e ci trattano come due di famiglia, tanto che finiscono per coccolarci e viziarci sia la sera del nostro arrivo che la mattina della nostra partenza. Insistono per farci restare a dormire sotto il loro capanno di foglie di palme, sul tavolato perfettamente livellato che corre tutto intorno al bancone del bar: il posto migliore è quello tra il divanetto ed i frigoriferi, anche se quando ripartono di notte per raffreddare le bibite fanno vibrare così tanto la tenda ed i materassini che ogni volta il mio cuore perde qualche battito. Lasciano aperto il bagno, ci offrono una bottiglia d'acqua fresca e si incaricano persino di comprare dell'altro tabacco per l'Uomo di Ferro, che nel frattempo ha fumato tutto il fumabile, scroccando sigarette anche alla barista. La mattina dopo siamo i primi ad occupare i tavolini della terrazza panoramica, ancora prima che arrivino i tre ragazzi carichi di borse, borsoni e tabacco: chiediamo due caffè frappè glikò me gala, il caffè shakerato tipico dell'estate greca, con zucchero, latte e cubetti di ghiaccio, e facciamo colazione quando è quasi l'ora di pranzo, come è il nostro solito in questo lento e rilassato viaggio da pensionati nelle Isole Ioniche.
Vista la cortesia e la confidenza, lasciamo ai tre ragazzi uno dei nostri bigliettini da visita, quelli che Mauro ha preparato prima di partire col logo del viaggio, i nostri nomi ed il link del blog: la ragazza ci chiede per quanto tempo rimarremo in Grecia e alla nostra risposta decisa guarda il biglietto, guarda noi e poi ripete con aria sempre più sognante e per ben cinque volte "September!". Quando le reazioni sono così partecipate ci affrettiamo sempre a precisare che abbiamo tutto questo tempo a disposizione perchè stiamo festeggiando il pensionamento dell'Uomo di Ferro (tacendo sul fatto che si tratta del secondo festeggiamento, dopo quello dell'estate passata alle Isole Cicladi!): a questo punto le reazioni diventato entusiastiche, con tanti auguri e complimenti rivolti a Mauro e troppi sguardi ammirati e invidiosi rivolti a me. Forse dobbiamo cambiare strategia.
Non ci decidiamo a ripartire fino alle due del pomeriggio, quando il sole è alto in cielo, il mare è pieno del Blu Cefalonia e l'aria è calda e immota come se ci avessero chiuso in una serra. Le previsioni annunciano il solito vento da nord-ovest, in aumento per il pomeriggio: al momento, in questa cala riparata non si muove una foglia e l'unico modo per trovare refrigerio dal gran caldo è farsi un bel bagno in mare.
Appena in acqua, subito fuori dalla baia, ritroviamo i due francesi sul kayak doppio rosso: ci scambiamo qualche impressione sulla costa e ci diamo appuntamento alla prossima tappa. C'è una strada sterrata che corre a zig-zag lungo il versante scosceso della collina che chiude a sud il golfo di Petani e che protegge una piccola spiaggetta deserta su cui non c'è nessuno, nemmeno un gabbiano, forse a causa delle frane che lambiscono le sue due estremità, specie quella aperta sulle dodici isolette rocciose che si allungano in mare e che saranno nate dopo chissà quale sommovimento terracqueo.
Tutta la scogliera che corre fino al capo successivo è scoscesa e dirupata, alta e remota, deserta e selvaggia: non ci sono case nè strade, solo vallate verdeggianti e frane continue che cancellano il vecchio e modellano il nuovo. La spiaggia di Platia Ammos, una tra le più famose e conosciute dell'isola, è rimasta completamente isolata perchè è andata distrutta, dopo chissà quale terremoto, la scalinata che avevamo percorso nel 2007 e ce scendeva dall'alto del sentiero costiero fino giù al livello del mare, con tanto di corrimano nei punti più esposti e tante rampe quanti i salti tra le rocce, tutti spezzoni che ora penzolano nel vuoto oppure indicano il vecchio tracciato non più utilizzabile. Ora Platia Ammos è raggiungibile solo dal mare ed il mare la farà ancora più grande e più bella di prima. Con un altro po' di tempo. Torneremo a controllare lo stato di avanzamento dei lavori.
Per il momento, proseguiamo lungo la costa occidentale di Cefalonia fino oltre il faro di Akrotiri Geroukompos, bianco e slanciato ed imponente che spicca con la sua cupola verde-ramata sulla scogliera rocciosa e rosata che pian piano, da alta e lineare diventa più bassa e frastagliata, fino a perdersi in mille piccole calette ridossate e piene di cavità, anfratti e grotticelle dove potrebbe valere la pena di perdersi per giorni interi.
Noi ci fermiamo per una breve sosta a Paralia Langadakia per cercare di sottrarci per qualche momento alla furia del vento.
E' arrivato il nord-ovest, con appena un'ora di ritardo. Valeva la pena aspettare in spiaggia a Petani!
Il mare si gonfia per bene, come piace a noi, ed in poco tempo diventa un bellissimo parco giochi.
Le onde salgono fino ad un metro e si ricoprono di crestine spumeggianti, le raffiche sbuffano tanto da spingerci in avanti sempre più veloci e da farsi sentire persino sulla pagaia, l'acqua intorno ai nostri kayak prende a ribollire e a ricoprire sempre più spesso i nostri ponti. Non dobbiamo più preoccuparci di rinfrescare il pannello solare, protetto nella custodie stagne e trasparenti che si arroventano sotto il sole greco. Non dobbiamo più preoccuparci neanche di pagaiare, quasi, tanto è grosso il mare di fondo che incalza i nostri Voyager e che li fa correre veloci a tre nodi anche senza mai immergere la pala in acqua. Non dobbiamo fare altro che prendere l'onda e andare.
E' sempre un piacere navigare col mare di poppa.
Il vento è così forte che schiaccia le onde, le rende irregolari e nervose ma energiche e vigorose al tempo stesso, così potenti da regalare la sensazione di procedere gratis, senza sforzo apparente, solo col pensiero. Che è poi il pensiero fisso di tenere il ritmo del mare, il tempo giusto col suo sali-scendi, il passo sincronizzato con le onde. Il pensiero di volare nel vento che diventa l'illusione di farsi vento, il pensiero di volare sul mare che diventa l'emozione di farsi mare, onda tra le onde, spruzzo tra gli spruzzi. Il kayak fila veloce come attirato da una forza magica, la pagaia entra leggera come mossa da una energia misteriosa, il corpo diventa lieve come svuotato del suo peso reale. E' tutto un fluire nell'acqua ed un aleggiare nell'aria, un rimescolamento continuo di solidi e di liquidi, di blu e di bianchi, di gocce salate e di carezze fruscianti. L'alito del mare sussurra di andare, di correre, di planare. E noi andiamo, corriamo, planiamo. Felici come bambini, liberi nell'immensità del mare, vitali nel suo soffio vitale.
Così maciniamo miglia su miglia quasi senza accorgercene, in pochi minuti superiamo un capo dopo l'altro e prima del previsto giungiamo a destinazione. Che bellezza quando si può navigare così, leggeri e veloci, sfruttando la forza del vento e risparmiando energie preziose. Che poi le energie si rigenerano col vento e anche le idee si riordinano: i pensieri negativi scompaiono, le paure ataviche evaporano e resta solo un senso profondo di generale benessere.
Quando rivediamo la spiaggia rossa di Konoupetra quasi torniamo indietro nel tempo.
Tutto è ancora vivido nei nostri ricordi, il paesaggio, i colori, le suggestioni. Tutto è come l'avevamo lasciato anni addietro, tutto è rimasto identico. O quasi, perchè anche qui le frane hanno inciso le pareti di argilla che in molti punti sono precipitate in mare, sgretolandosi come in tutto il resto dell'isola. Ma qui il contrasto è tanto più evidente perchè la scogliera è di un bel grigio perla, molto intenso specie con la luce radente del tardo pomeriggio, mentre la spiaggia è di un rosso mattone, altrettanto intenso e compatto specie quando ci si affonda dentro fino alla caviglia.
Pagaiamo ammirati e contenti oltre il piccolo porticciolo ricavato dietro il Capo di Akrotiri, che in greco significa proprio "Capo" e che è come dire che è il promontorio tipo, il Capo dei Capi, anche se è basso ed anonimo, però situato in posto strategico, messo lì per dividere la costa roccisa e frastagliata che caratterizza il resto dell'isola, da questo tratto di spiaggia rossa, così speciale e spettacolare che noi l'abbiamo da sempre chiamata "La Luna".
E' un paesaggio lunare quello che si allunga attorno alla laguna di Xi, un luogo incantato con l'acqua bassa e dorata, contornato da questi spicchi argentati che si sciolgono in rughe irregolari laddove il terreno dilavato dall'acqua e dall'aria si trasforma in una serie di calanchi che si inoltrano tra campi coltivati, mulini a vento e nuove residenze turistiche. Il porticciolo è segnalato da una luce arancione dei lavori in corso ed è grande abbastanza per accogliere soltanto una decina di piccoli pescherecci. La lunga spiaggia di sabbia rossa, invece, è divisa a metà da un basso promontorio roccioso, sempre di colore rosso, e le due parti hanno anche due anime differenti, quella ad ovest più dimessa e naturale, quella ad est più attrezzata ed organizzata, con locali sul mare, ombrelloni e servizi vari. Noi ovviamente sbarchiamo nella parte selvaggia. Passeggiamo sulla battigia fino alla taverna che campeggia all'estremità, ma benchè gli ombrelloni azzurri siano già tutti ben piazzati a pochi passi dal mare, i tavolini allestiti sul belvedere non sono ancora pronti a ricevere commensali. Dobbiamo quindi ripiegare sulla nostra cambusa e rientriamo al campo base per la stradina sterrata che corre tra gli ulivi secolari, i campi di carciofi e di cipolle e le piante di vite che mai abbiamo visto così basse e generose, con tanti grappoli ancora verdi ma che preannunciano una vendemmia abbondante.
La luna rossa sorge tardi alle nostre spalle e se la gode solo l'Uomo di Ferro, mentre fuma l'ultima sigaretta.

La terrazza panoramica sulla baia di Petani
Il bar-taverna "La vida loca" a Petani
Nei pressi di Platia Ammos...
Il faro di Akrotiri Geroukompos
La breve sosta a Paralia Langadakia
L'arrivo sulla Luna: la spiaggia di sabbia rossa di Kounopetra

Mercoledì 14 giugno 2017 - 39° giorno di viaggio
Konoupetra - Trapezaki, Cefalonia (28 km)
Vento NW 12-15 nodi (F4) - mare da calmo a poco mosso - 26°C
La Luna al mattino si ricopre di altri colori.
La sabbia sembra rosa, non più rosso mattone, e le pareti di argilla sembrano bianche, non più grigie.
Il mare è invece più scuro, tendente al Blu Cefalonia, come nel resto dell'isola.
E' incredibile come una stessa regione offra panorami tanti diversi: in questo versante occidentale di Cefalonia si incontrano verso nord delle spiagge di ciottoli bianchi, grossi come uova di dinosauro oppure fini come il riso, che si infilano tra le alte pareti rocciose ricoperte di vegetazione lussureggiante e incise da profonde vallate ombreggiate; scendendo verso sud, invece, la costa scende gradualmente e alla fine si trovano delle spiagge di sabbia rossa e fine che non si capisce bene da dove sia arrivata. L'entroterra corre basso che non si vede la fine e poco oltre si apre un golfo interno che anche nelle giornate di vento è calmo come un lago.
I due francesi del kayak doppio rosso sono venuti a parcheggiare il loro furgone proprio sulla nostra casa per una notte. C'è una piccola gola tra i picchi triangolari di argilla, ed uno slargo proprio sul mare che chiamare parcheggio è fargli un complimento, perchè ospita appena una decina di auto, quasi tutte e quasi sempre di locali. Vediamo sbucare la prua del kayak tra le agavi in fiore e poco dopo vediamo scendere in spiaggia i due pagaiatori in abiti civili: sembra essere il nostro ultimo incontro, perchè ci chiedono di Zante e della possibilità di andare a visitare l'isola, cosa che noi sosteniamo con ardore perchè la costa occidentale è una delle più interessanti dell'arcipelago, con tante di quelle grotte che ad entrare in tutte si perde il conto. Noi restiamo ancora un poco a goderci la calma del mattino, prima che la spiaggia si riempia di persone.
I greci sembrano apprezzare molto il loro mare e, a quanto ci è dato vedere, lo "usano" in maniera molto più immediata e creativa di noi italiani: non cercano ombrelloni e sdraio, non disdegnano luoghi isolati, anzi li animano con cani e bambini, non scappano dopo un bagnetto veloce ma passano in spiaggia interi pomeriggi, a chiacchierare e ridere e fumare, come le cinque mamme abbronzate che siedono accanto al nostro accampamento, che buttano un occhio ai marmocchi che giocano poco oltre mentre mangiano ciliege (sono già pronte le ciliegie?!?) e che trascorrono il resto del tempo in ammollo, col cappello ben calato sul viso a proteggere la vista dalla luce accecante.
Sembra finalmente arrivata l'estate vera, quella calda e asciutta.
La Luna è una delle spiagge dell'isola apprezzata anche dalle tartarughe Caretta caretta che qui vengono a deporre le uova e che qui sono protette dai volontari che ogni mattina passano in rassegna i nidi, segnalati da bastoncini infissi nella sabbia e da cartelli esplicativi.
Lasciamo la Luna in tarda mattinata, come ormai è nostro solito, ma anche stavolta aspettare ci va bene.
Appena oltre il capo che delimita il golfo interno facciamo una breve sosta per sgranchire le gambe, dopo appena un'ora di pagaiata. L'acqua è immota perchè il vento non raggiunge quest'ansa protetta, ma appena fuori il vento già imbianca il mare. Sappiamo già, per averla visitata nel 2007, che l'ampia laguna di Argostoli, il capoluogo dell'isola di Cefalonia, non è di particolare interesse canoistico perchè la costa corre bassa, lineare ed anonima verso l'interno, le paludi e la piccola pianura contornata di colline brulle. Sappiamo anche che la cittadina non è molto attraente perchè la ricostruzione post-terremoto non ha mantenuto quasi nulla della precedente architettura locale e perchè il ponte che corre sul braccio più interno del golfo ostruisce il passaggio anche alle imbarcazioni più piccole e giungendo in kayak si è costretti a sbarcare in porto.
Scegliamo così di tagliare verso est e di lasciarci alle spalle questo tratto dell'isola.
Tagliamo anche un paio di spiagge attrezzate che fanno già bella mostra non solo di sdraio e ombrelloni ben allineati sulla spiaggia ma anche di boe colorate in mare, intorno alle quali scorrazzano per tutto il giorno piccoli motoscafi che traino banane gonfiabili, riempiendo l'aria all'intorno di gridolini terrorizzati dei bagnanti e di rumori assordanti dei motori.
Come spesso accade, però, basta "girare l'angolo" per ritrovarsi soli ed in silenzio.
Le spiagge che si susseguono fino all'aeroporto sono deserte ed isolate, raggiungibili solo dal mare, perchè la scogliera non offre passaggi comodi agli escursionisti, e raggiungibili solo in kayak, perchè gli scogli disseminati lungo la costa non lasciano transitare tranquillamente altre imbarcazioni. E' tutto un susseguirsi di piccole isolette sparse, di secche affioranti e di angolini protetti da sguardi indiscreti.
Sfruttiamo così il vento che ancora soffia di poppa e scivoliamo veloci e silenziosi oltre il capo di Agia Pelagia, oltre l'aeroporto, oltre le spiagge attrezzate. Anche qui facciamo un tuffo nel passato e ritroviamo i luoghi del nostro primo soggiorno su Cefalonia.
Solo che tutto è cambiato, le frane hanno mangiato tratti di costa e ridisegnato il profilo dell'isola: eravamo tutti emozionati all'idea di ritrovare una piccola "cava di quarzo" che avevamo individuato nel 2007, un affioramento di lame sfavillanti che avevano subito attirato la nostra attenzione e che ci avevamo richiamato a terra per raccogliere e conservare uno dei primi "preziosi ritrovamenti" della nostra collezione. Invece la cala dove avremmo tanto voluto fare rifornimento di quarzo è completamente cambiata, ricoperta di frane in ogni dove, con le spiagge ridotte al lumicino e con un aspetto talmente diverso che per qualche lungo momento pensiamo di essere arrivati su un'isola nuova.
Dopo pochi chilometri, invece, ritroviamo la nostra Cefalonia: il capo di Liakkas si apre in un piccolo arco naturale, in cui possono transitare due kayak, uno dietro l'altro perchè lo spazio è angusto, facendo attenzione a manovrare tra gli scogli affioranti e le grotte così basse da doversi piegare fino a toccare il ponte anteriore. L'acqua è così trasparente che si vedono bene gli scogli piatti che scivolano in mare aperto e la navigazione è sicura anche in una giornata ventosa come quella odierna. Deve averlo comprato una multinazionale, questo capo straordinario di Cefalonia, perchè sugli scogli attorno all'arco sono disseminati in ordine sparso degli ombrelloni col cappello di paglia e delle sdraio in legno tipiche dei resort di gran lusso. Peccato.
Poco oltre incrociamo il traghetto di linea che fa la spola tra Cefalonia e Zante: è ancorato al piccolo molo che la mappa dice essere un porto ma che noi fatichiamo a considerare tale, aperto com'è sul braccio di mare tra le due isole e dotato soltanto di un paio di bitte per l'attracco. Un altro piccolo promontorio ed un altro piccolo porticciolo, qualche taverna nascosta tra il verde degli alberi fruscianti e l'ombra delle tettoie di paglia, e poi finalmente avvistiamo la nostra spiaggia finale.
Col vento in poppa abbiamo coperto distanze che pensavamo ci avrebbero richiesto più tempo.
Sbarchiamo a Trapezaki per un motivo ben preciso: la base di Sea Kayaking Kefalonia è proprio qui.
Il piccolo borgo di Trapezaki corre lungo l'unica strada che taglia a metà la collina e noi ci arrampichiamo volentieri lungo i primi tornanti per andare a trovare i nostri amici di kayak. Manchiamo l'incontro di poco, noi che inciampiamo in una taverna col terrazzo sul mare e loro che passano avanti e indietro coi kayak sul carrello e sul tetto dell'auto. Forse domani. O chissà quando, non importa, gli incontri random sono i nostri preferiti.

La nostra casa per una notte sulla Luna
Il golfo interno di Argostoli
La breve sosta a Paralia Agios Georgios... 
Il passaggio interno ad Akrotiri Lakkas
Il regalo di Susie e Dave!

Giovedì 15 giungo 2017 - 40° giorno di viaggio
Trapezaki - Trapezaki, Cefalonia (0 km)
Vento W 5 nodi (F2) - mare calmo - 26°C
La notte è secca e tranquilla.
Forse per la pancia piena della cena luculliana. Forse per la brezza che soffia ancora fino a tardi.
Il mare davanti alla nostra tenda è occupato dal profilo di una porta-container ancorata al largo già da ieri, perchè vedevamo il bagliore arancione delle sue luci notturne anche dalla spiaggia rossa della Luna. C'è anche un gruppetto di isolette sparse, tra cui spicca quella più grandicella di Panagia Diotissa, con una chiesa bianca tra gli alberi, più grande delle solite chiesette bianche perchè il suo puntino chiaro spicca anche da lontano. Al mattino l'orizzonte si chiude e tutto d'un tratto scompare l'isola di Zante, vicina abbastanza da essere visibile in tutta la sua estensione. Una fitta nebbia bianca, avvolgente ed umida, si sposta veloce sul mare e in pochi minuti cancella anche il promontorio di fronte a noi.
Aspettiamo che torni a farsi vedere l'isola.
Poi ci trasferiamo in taverna, quella sul mare che ieri avevamo scartato perchè ci era sembrata troppo pretenziosa. Ma col sole a picco, che alla fine dirada la nebbia ed infuoca la spiaggia, non ce la sentiamo proprio di risalire in paese. Ci accomodiamo su uno dei tavolini all'aperto, sotto l'ampia tettoia affacciata sul mare e ci mettiamo al lavoro: scriviamo delle mail, aggiorniamo il blog e soprattutto consumiamo un caffè frappè dietro l'altro. Fino all'ora di cena, che anticipiamo al tardo pomeriggio, perchè dopo una colazione ritardata alla tarda mattinata ci ritroviamo affamati fuori orario.
Approfittiamo del giorno di sosta per riparare le cose che in questi primi 40 giorni di viaggio hanno dato i primi segni di cedimento strutturale: il cuscino gonfiabile di Mauro, che si è tagliato in più punti in corrispondenza delle saldature centrali e che ha richiesto più mani di colla neoprene; Il suo paraspruzzi logoro e largo, che alla fine ha mostrato controluce un punto di usura dello strato di neoprene interno e che pure ha richiesto l'uso ripetuto della miracolosa colla neoprene; il mio materassino auto-gonfiabile che, dopo tre lunghi viaggi estivi, ha scelto di deformarsi proprio questa mattina, gonfiandosi in maniera tale da diventare ormai inutilizzabile (anche se ho deciso di provare ad usarlo ancora, sgonfio e adagiato sopra all'altro materassino gonfiabile di riserva: vedremo se non precipito di sotto nel cuore della notte!); la mia lavagnetta per gli appunti, quella che tengo sempre sul ponte anteriore del kayak e che mostra da giorni una crepa preoccupante che necessita di un intervento urgente a base di attack; la linguetta del tappo di un terzo gavone, quella in cui passa la cimetta per aprirlo facilmente, perchè si è spezzata proprio in corrispondenza del foro, forse per il caldo o forse per l'usura. Mauro si decide anche, oltre ogni mia aspettativa, a celebrare i funerali dei suoi primi pantaloncini rossi, quelli che da epoca immemorabile lo accompagnavano in tutti i suoi viaggi estivi in kayak, da almeno una decina d'anni, ma così logori da essersi strappati in troppi punti e da non poter più essere riparati. Sistemiamo in qualche modo anche gli occhiali da sole: in un giorno solo, appena iniziato il viaggio, abbiamo rotto le stanghette di tre paia di occhiali e adesso li teniamo appesi al cappello con la stanghetta superstite, sperando che tenga almeno quella.
Insomma, mentre aspettiamo di incontrare i nostri amici di kayak abbiamo un sacco di lavoretti da fare.
Ed un sacco di informazioni da dare: due inglesi ci raggiungono con passo deciso e ci chiedono, a noi che siamo in kayak, notizie precise sulla scuola di kayak di Cefalonia.
E possiamo anche prenderci il tempo necessario sia per calcolare quanti chilometri a piedi abbiamo percorso in questa prima parte del viaggio che di ricalcolare quanti chilometri dobbiamo ancora percorrere in kayak per portare a termine la circumnavigazione del Peloponneso, la nostra prossima meta dopo la traversata sulla vicina isola di Zante. E anche di predisporre la spedizione a casa del primo pacco di "preziosi ritrovamenti", che conta ormai molti pezzi e molto vari, tra spugne, ricci, conchiglie e qualche sassolino che ha ottenuto un visto speciale per salire a bordo, oltre alcuni rapala e pezzi di sughero per la mia collezione di pescietti, dei piccoli galleggianti colorati, qualche pallina di plastica e persino tre cucchiaini da neonato che l'Uomo di Ferro sostiene siano ormai marci ma che raccontano ancora un sacco di cose. Vogliamo rispedire indietro anche alcuni pezzi dell'attrezzatura che non useremo più (e che abbiamo usato davvero pochissimo anche nei primi giorni di viaggio), come i pantaloni semi-stagni e l'intimo autunnale, troppo pesanti per questa estate greca che sembra finalmente scoppiata: in questo modo sembra che anche l'Uomo di Ferro riesca a sopportare meglio il peso del pacco postale, che chissà quanto ci costerà in francobolli questa volta...
Ecco, rimaniamo in zona per qualche giorno ancora: vogliamo approfittare della sosta per fare un bucato (ormai indispensabile!) e vogliamo anche visitare l'interno dell'isola di Cefalonia, per farci un'idea migliore del posto che potrebbe diventare la nostra casa per i prossimi anni.
Questa è una zona strategica, sia perchè possiamo lasciare i nostri due Voyager accanto ai kayak della scuola del posto e sia perchè possiamo partire dal sud dell'isola per traversa su Zante e ancora perchè da qui possiamo risalire verso nord per esplorare ogni angolo di Cefalonia, che per noi resta la più bella isola del Mediterraneo!
E' anche l'isola dei regali e delle emozioni: la coppia di inglesi che avevamo conosciuto quando abbiamo incontrato George ed il suo gruppo, impegnati in un'escursione giornaliera nel nord di Cefalonia proprio mentre noi passavamo da quelle parti, arriva oggi nella taverna sul mare dove noi stiamo trascorrendo la giornata. Susie e Dave ci dicono che il nostro viaggio ha fatto ricordare loro quello di due kayaker che sul finire degli anni Ottanta hanno pagaiato lungo la costa canadese del pacifico. Hanno letto (per ben due volte ciascuno!) il libro di David Johnston e Krista Nicholson e se lo sono pure portato con loro a Cefalonia: Susie ci dice di averlo letto per la prima volta a scuola e... beh, alla fine ce lo regalano, con tanto di dedica! Il Libro comincia così: " The idea of a long kayak journey was conceived over a few pints in a Lake District pub...", che è proprio un inizio avvincente per un'avventura che ci terrà di certo impegnati nei prossimi giorni!
Un regalo speciale e personale: un regalo perfetto per suggellare i primi 4 giorni di viaggio!

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