SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro lungo viaggio in Grecia...
prima le coste occidentali delle Isole Ioniche... quelle che più ci sono piaciute nei viaggi precedenti, e poi il periplo del Peloponneso.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di maggio e contiamo di finire entro settembre. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro


Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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venerdì 12 maggio 2017

Vento forte di burrasca

Giovedì 11 maggio 2017 - 5° giorno di viaggio
Avlaki - Agios Stefanos, Corfù (34 km)
Vento S-SE 44 nodi (F9) - Mare da mosso a calmo - 20°C
Abbiamo montato la tenda al buio, appena rientrati dalla cena in taverna.
La luna piena non era ancora sorta ma a farci luce sono arrivate decine di lucciole!
Non ci era mai capitato prima di addormentarci tra tante lucine intermittenti e svolazzanti.
Il vento gelido ci porta in tenda anche il gracidare di sottofondo delle ranocchie che popolano lo stagno retrostante e l'odore intenso della macchia mediterranea che in questa piccola penisola verde del nord-est di Corfù è punteggiata di fiorellini gialli, arancioni e viola e persino di tanti papaveri rossi. Si schiudono di primo mattino e impreziosiscono la corona verde che cinge la nostra spiaggia.
Appena sveglia passeggio sulla battigia in attesa che si svegli anche l'Uomo di Ferro. Tra i sassolini policromi della riva trovo un piccolo pescecane di plastica e torno tutta contenta alla tenda: "Questo significa che possono iniziare la mia nuova collezione di pescetti delle Isole Ioniche", dico tutta contenta a Mauro. E lui freddo di rimando: "La cosa non mi fa piacere per niente!"
Comincia così una nuova giornata di kayak e di mare.
Con poche pagaiate raggiungiamo il piccolo paesino costiero di Kassiopi: i ruderi dell'antico castello sono avvolti da una fitta boscaglia e appena fuori dal porticciolo si rincorrono ville con piscine e parchi e terrazze panoramiche. I numerosi stabilimenti balneari sono già pronti per la stagione estiva e sfoggiano sdraio colorate ben appaiate sotto gli ombrelloni di paglia. Ma sono ancora vuoti perché i turisti, pur numerosi, non si arrischiano a scendere in spiaggia quando il cielo è così plumbeo da minacciare pioggia da un momento all'altro. L'acqua arriva e ci accompagna per un buon tratto: scende prima timida, gocciolando leggera sul pelo dell'acqua, poi decisa e pesante, imponendoci di calcare in testa il cappello impermeabile, infine costante ma gentile e neanche troppo fredda, tanto che il suo ticchettio ritmato diventa una piacevole colonna sonora.
Le previsioni annunciano già da giorni un forte vento meridionale e noi ci ritroviamo nel posto giusto al momento giusto: la costa settentrionale di Corfù è abbastanza ridossata e le raffiche che imbiancano lo stretto arrivano attutite nel golfo di Avlaki e ci sospingono veloci fino al capo più settentrionale dell'isola senza farci fare quasi nessuna fatica. Questo è il mare che ci piace navigare, quando possiamo "pagaiare a babà", come direbbe il nostro amico Papele, e sul gps spuntano come per incanto velocità incoraggianti fino a 6 nodi. Ogni tanto capita, meglio approfittarne.
Raggiungiamo in un baleno il faro di Akrotiri Ekaterini, un lilliput-faro a cui siamo ormai da lungo tempo abituati: non è in muratura, come ci si aspetterebbe di trovarne sui capi più pronunciati, ma piuttosto, come spesso accade in Grecia, è una misera struttura metallica dipinta di bianco sormontata da un pannello solare per alimentarne la luce. Ci consoliamo leggendo il suo codice di riferimento, Fl10s3m6M, che indica il tipo di luce, la frequenza, l'altezza e la portata del faro: imparare a leggere le carte nautiche è stata una delle nostre prime passioni e ogni volta riscopriamo che sono dei grandi libri aperti che, a saperli leggere ed interpretare a dovere, raccontano tantissime cose utili ed interessanti sul mare.
Fino al successivo capo è tutto un susseguirsi di bassi fondali e scogli affioranti e lunghe spiagge di sabbia chiara e fine.
Poi la costa si alza e alcune collinette di arenaria creano delle strane e curiose conformazioni rocciose, tutte striate di linee orizzontali grigio chiaro e grigio scuro che attirano subito la nostra attenzione.
Sulla mappa dell'isola ho riportato il punto esatto in cui avevamo fatto campo durante il viaggio dell'estate 2008, quando con un gruppo di quattro amici abbiamo circumnavigato l'isola per la prima volta. E' passato talmente tanto tempo che non riesco a ricordare se avevamo scelto di fare il giro orario oppure antiorario e per quanto mi sforzi non riconosco quasi nulla di questa costa già battuta ma che mi sembra sconosciuta.
La costa bassa e anonima non aiuta la memoria. Fino al paese di Sidari si susseguono delle villette a due piani che a Mauro ricordano le casine del Polesine, per essere tutte costruite col tetto spiovente ma senza grondaie. Alcune sono talmente vicino al mare che, come spesso avviene, i muretti di recinzione sono stati mangiati dalla furia delle onde. Per quanto si siano ingegnati con cataste di sassi giganti e con pile di tubi in cemento, per creare delle fantasiose ed alquanto precarie barriere frangiflutti, non sempre i locali sono riusciti a conciliare l'avidità della terra con il rispetto dell'ambiente, tanto che persino il piccolo cimitero è stato chiuso dietro un alto muraglione tirato su ad un passo dal mare.
Poi la memoria mi torna tutta insieme. Non appena entriamo nel Canal d'Amour.
In un luogo suggestivo persino nel nome, Akrotiri Apotripoti, si aprono una serie di alte scogliere di arenaria scavate dal vento e dall'acqua con una creatività artistica da far invidia al più talentuoso scultore: tra le lamine monocromatiche si aprono delle piccole nicchie scure che in alcuni punti sono riuscite a crearsi un varco fino a raggiungere altre nicchie vicine, così da formare una concatenazione di tante navate in miniatura che impreziosiscono questa piccola cattedrale di sabbia stratificata.
Ad un certo punto la costa sembra richiudersi su se stessa e queste perfette pareti verticali, così levigate e traslucide, si insinuano nella terra fino a creare uno stretto e lungo canale serpeggiante, in cui entra a malapena un kayak: la leggenda vuole che la donna capace di percorrere a nuoto l'intera insenatura possa conquistare per sempre il cuore dell'uomo dei suoi sogni... Chissà se vale anche per le canoiste. E comunque, l'uomo dei miei sogni nel Canal d'Amour si guarda bene dall'entrare, preso com'è dalla ricerca spasmodica di un triangolo di spiaggia su cui sbarcare.
Ma gli unici possibili attracchi sono stati nel tempo colonizzati da bar, taverne e discoteche, privando due poveri viandanti del mare della possibilità di scendere per montare le tende. Quell'unica spiaggetta di sabbia rossa incassata tra le scogliere di arenaria è sovrastata da un enorme riflettore che garantisce notti illuminate ed insonni e che incombe sulla balconata in legno e vetro del "sunset bar" con tutti i tavolini già preparati per la sera.
E capisco che la memoria non trattiene ogni cosa, la mia almeno: io lascio spazio solo alle cose belle!
E così fino a sera, una volta che le ultime propaggini del paesini vacanziero lasciano spazio alle impraticabili ed inarrivabili scogliere verticali, noi pagaiamo in perfetta solitudine tra triangoli di arenaria striata di grigio perla e giallo ocra e sormontata da un sottile strato di macchia verdeggiante, abbarbicata alla sommità in condizioni incerte e instabili, con gli alberelli più esterni già secchi ma ancora eretti e con molti arbusti ormai appesi nel vuoto e caracollati giù in mare. E' una costa spettacolare di pareti tagliate di netto, contornate di faraglioni e archi naturali e grotte passanti e isolette e scogli isolati, il tutto striato di grigio in una perfetta sovrapposizione di linee orizzontali. E' così per oltre dieci chilometri, fino a quando ritrovo il piccolissimo promontorio su cui avevamo fatto una sosta memorabile nove anni addietro, tirando in secca i cinque kayak sugli scaloni piatti ed inclinati e giocando per ore ad imbrattarci viso e corpo con il fango del luogo, dalle decantate proprietà miracolose...
E poi ancora scogliere e stratificazioni e sezioni triangolari, mentre noi vaghiamo alla ricerca di una spiaggia che non c'è, benchè sulla carta ce ne siano segnate almeno tre: tutte impraticabili, così risicate sotto le pareti strapiombanti e sgretolate che non ci fideremmo neanche a farci una sosta, figurarsi un campo per la notte...
Poi finalmente la costa si abbassa, si profila in lontananza un paesino e pian piano si preannuncia un'altra cena in taverna.
Il tramonto ci regala qualche raggio di sole che tinge il mare d'argento e scalda l'aria quel poco da farci cambiare senza battere i denti.
In meno di mezz'ora siamo in paese, pronti per gustarci una cena coi fiocchi: ma qualcosa non funziona come dovrebbe e mangiamo male come mai ci era capitato prima in Grecia. Neanche il balletto improvvisato dai due camerieri più giovani ed aitanti sulle note di Zorba il Greco riesce a toglierci dalla bocca il retrogusto amaro della delusione: non tutte le ciambelle riescono col buco.


Venerdì 12 maggio 2017 - 6° giorno di viaggio
Agios Stefanos - Agios Stefanos, Corfù (0 km)
Vento S-SW 35 nodi (F8) - Mare molto mosso - 20°C
Altre lucciole a tenerci compagnia per la notte.
E il fruscio costante delle canne ad attenuare le folate più aggressive che si abbattono sulla tenda.
Ma anche il gorgheggio costante delle onde frangenti che crescono di ora in ora e che diventano ruggenti di primo mattino.
Su questa bella ed ampia spiaggia a mezza luna, incassata all'estremità nord-occidentale di Corfù, i riccioli di ritorno del vento forte che investe l'isola gonfiano il mare con una gradualità crescente. Il basso fondale sabbioso fa il resto: in poco tempo la rinomata "Golden Beach" si riempie di surfisti a caccia di onde da cavalcare. Le creste bianche si allungano sempre più e sopra il metro di schiuma si innalza un altro metro di spruzzi, lanciati in aria dal vento contrario che sfilaccia con accanimento ognuno di quei cavalloni morbidi e corposi. Le mute nere dei ragazzi più intrepidi scompaiono e ricompaiono tra le onde, risaltando nel mare color verde smeraldo: vicino alla riva, invece, i surfisti vengono spesso disarcionati e le loro tavole colorate affondano per qualche istante nell'acqua divenuta color sabbia per i granelli di rena in sospensione. Quella stessa sabbia che ha ricoperto i kayak, s'è infilata in ogni gavone e ha reso complicato smontare la tenda e riporre materassini e sacchi a pelo nelle relative sacche. Abbiamo ingaggiato una breve battaglia mattutina col vento e alla fine, stremati e scontenti, abbiamo riparato nella più vicina taverna.
Stavolta per fare colazione. All'inglese. L'isola di Corfù vanta una sostanziosa presenza di turisti britannici, tanto che i negozietti del posto fanno sventolare appena sotto la bandiera greca anche quella anglosassone. Non commettiamo l'errore di ieri sera e scegliamo con cura un'altra taverna: stavolta a due passi dai kayak. "Così possiamo vedere il mare", sottolineo io. "Come se non ne vedessimo mai abbastanza", ribatte Mauro.
Ma quello di oggi è il mare che guarderemmo per ore e per giorni. Senza stancarci mai. Cambia ogni momento, restando sempre lo stesso affascinante potente ed infinito mistero di sempre. Cambia il colore, cambia l'odore, cambia il rumore. Cambia il suo aspetto esterno, ora mosso ora calmo, ma non cambia mai la sua essenza intima, il grande involucro liquido del mondo. Il mare seduce ed ammalia. Il mare addestra e insegna. Il mare è maestro di vita.
Il bello del mare è anche questo: quando tira vento al massimo ti ricopri di qualche spruzzo salato. Il brutto della terra è invece che quando tira vento ti ricopri immancabilmente di sabbia, polvere e lerciume. E i capelli diventano spighe di grano.
Ci sentiamo sporchi più del solito. Assomigliamo tanto a Pig-Pen, l'amico polveroso e impolverato di Charlie Brown, quel bimbetto sempre avvolto in una nuvoletta di sporco e che ammette serafico di portarsi addosso "la polvere di secoli"...
In mare siamo puliti, lavati e felici: le unghie sempre bianche, le dita sempre morbide, le mani sempre vellutate. Solo la pelle del viso è un po' tirata e imbrattata di salsedine, ma basta un gesto e un getto d'acqua, anche salata, per sciogliere via ogni alone biancastro... A terra è tutta un'altra storia.
Domani il vento è dato in attenuazione, quel poco per farci sperare di poter riprendere il mare!
Intanto facciamo buon viso a cattivo gioco ed ascoltiamo i racconti del proprietario della taverna, il simpatico e baffuto Manthos.
Il nonno ha aperto il primo locale della zona, erano gli anni venti del secolo scorso e gli avventori erano soltanto i pescatori del posto. Negli anni trenta ha anche restaurato la chiesetta di origine bizantina che svetta sulla scogliera davanti al porticciolo in disuso e lo zio è diventato il primo monaco ortodosso, promosso nel tempo dal Vescovo di Corfù a diacono, pope e persino archimandrita. In un inglese stentato ma generoso, l'anziano ristoratore ci spiega che è lui adesso ad occuparsi della manutenzione della chiesa che da' il nome al paese. Ci invita anche a leggere la storia riportata sul menù, che noi sfogliamo ancora prima di metterci a mangiare: sembra che Santo Stefano, a cui la chiesa è appunto dedicata, abbia trasformato in pietra la prima nave pirata che provò ad avvicinarsi all'isola. Anche l'Odissea di Omero parla di una nave pietrificata, quella che Ulisse ricevette in dono da Nausica per ritornare ad Itaca e che invece il dio del mare Poseidone trasformò in pietra non appena l'eroe del mare lasciò il porto. In molti sostengono che si tratti proprio del porto di Agios Stefanos e che la nave pietrificata di Ulisse sia la piccola isoletta di Kravia, che allunga il suo inconfondibile profilo di naviglio naufragato proprio al di là del capo. Talmente forte era la credenza locale legata alla nave pietrificata che degli archeologi tedeschi iniziarono degli scavi importanti nella zona per cercare l'antica residenza di Alcinoo, il re dei Feaci ed il padre di Nausica: non riuscirono a trovare nè la residenza imperiale nè la nave pietrificata ma portarono alla luce degli insediamenti neolitici talmente interessanti da giustificare scavi successivi che si protrassero fino agli anni sessanta del Novecento.
Il piccolo villaggio di pescatori è cresciuto nel tempo e intorno alla chiesa sono sorti negozi, ristoranti e alberghi: il confronto col passato non regge perchè sembra essere andato perduto il fascino rupestre del luogo isolato e sconosciuto, ma a partire dagli anni sessanta i turisti inglesi hanno preso ad arrivare sempre più numerosi... E sul menù la storia finisce così: in Grecia anche il posto più piccolo ha una storia importante e ogni angolo del paese è parte della grande storia greca, che coniuga passato e presente, mitologia e realtà!
La realtà storica, in effetti, dice che Corfù è stata un'antica colonia di Corinto col nome di Corcyra: per rendersi indipendente da Corinto, Corfù chiese aiuto ad Atene proprio quando Corinto lo chiese a Sparta e l'isola diventò così indirettamente la causa della disastrosa guerra del Peloponneso, che di fatto cancellò dalla storia la grandezza di Atene. Contesa poi da Bizantini e Normanni, perchè da sempre ponte tra l'Egeo e la Sicilia, Corfù passò poi sotto la dominazione veneziana: molti ulivi furono allora piantati sull'isola perchè la popolazione locale potesse pagare i tributi alla Serenissima in olio d'oliva. Dopo lunga dominazione turca, durata quattro secoli pieni, Corfù divenne prima francese a fine Settecento e poi inglese per tutto l'Ottocento, fin quando ai primi del Novecento la neonata monarchia greca riconquistò i territori dell'Epiro, del Dodecanneso e dell'Egeo Settentrionale. C'è stata anche una breve occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale (che ha lasciato un segno profondo ma anche una punta di vivo orgoglio nei Corfioti e nei greci tutti, che festeggiano come giornata nazionale il "No" del primo ministro Metaxa alla richiesta di invasione di Mussolini) e il feroce regime militare della giunta dei colonnelli (che pure ha marcato la storia greca recente, tanto che in molti parlano ancora di "passato nero") e la rinascita democratica del primo governo socialista di Papandreu del 1981 e dell'ingresso nell'Unione Europea del 1986... Nonostante la recentissima crisi economica e le vessazioni imposte dalla Troika, in Grecia si sentono tutti molto europei e anche qui a Corfù il sentimento europeista sembra molto forte, a giudicare dal folto numero di bandiere blu con le stelle dorate che sventolano sui pennoni di alberghi, negozi e palazzi comunali.
Gli inglesi, comunque, più di altri popoli, hanno lasciato un'impronta incisiva, forse perchè Corfù è diventata un'isola di fama internazionale proprio da quando hanno preso a frequentarla i regnanti europei e hanno iniziato a tesserne le lodi gli scrittori inglesi, come quell'Henry Miller che vi tornava spesso per "assaporarne la solitudine" o quel Laurence Durrel che ne descrisse il paesaggio bucolico in alcune delle sue opere più famose.
Sta di fatto che a Corfù giocano a cricket, mangiano focaccine all'uvetta e bevono birra allo zenzero.
Mauro invece ha assaggiato la birra rossa di Corfù ed è rimasto molto soddisfatto.
Non sappiamo ancora cosa mangeremo per cena ma il menù di Manthos ispira molte storie, culturali e culinarie.

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