SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro lungo viaggio in Grecia...
prima le coste occidentali delle Isole Ioniche... quelle che più ci sono piaciute nei viaggi precedenti, e poi il periplo del Peloponneso.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di maggio e contiamo di finire entro settembre. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro


Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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giovedì 25 maggio 2017

Un dolce far niente...

Martedì 23 maggio 2017 - 17° giorno di viaggio
Aghios Nikitas - Porto Katsiki, Lefkada (26 km)
Vento S-SW 4 nodi (F2) - mare calmo - 22°C
Ci svegliamo presto, appena il sole sbuca dai monti.
Abbiamo montato la tenda sulla spiaggia, tra la taverna, il caffè e la domatia, l'affittacamere con le balconate in legno.
Un'ora dopo la sveglia siamo già seduti al bar dell'angolo, a riprova che quando vogliamo siamo capaci di essere pronti in poco tempo.
Ma non ci viene proprio nessuna voglia di avere fretta: aspettiamo la prima colazione e ci godiamo il lento risveglio del paesino.
Che bellezza, la lentezza!
Non capita mica sempre di avere tutto questo tempo a disposizione. E di sapere come occuparlo. E di riuscirci così bene!
E' un piacere raro passeggiare sulla spiaggia deserta e sentire sotto i piedi nudi il massaggio della sabbia dura e bagnata dall'ultimo acquazzone e notare che non ci sono altre impronte se non quelle lasciate dalle gocce di pioggia; oppure guardare in silenzio le prime farfalle dalle ali gialle e arancioni che con volo leggero ed incerto si posano un istante appena sui gerani rossi e rosa che abbelliscono le entrare di ogni casupola; o anche assaporare l'odore intenso delle prime piantine di basilico greco, che a passare la mano sopra a quella calotta verde, tonda e compatta, si riempie il palmo e l'aria del profumo aromatico che richiama alla memoria la salsa di pomodoro fatta in casa; o ammirare con stupore infantile le solite lucciole che circondano la nostra tenda ed accendono la notte di tante lucine intermittenti; o solo ascoltare il suono conosciuto della risacca che con ritmo cadenzato accompagna ogni sera il trapasso dalla veglia al sonno, quella stessa cantilena marina che ti accoglie al risveglio la mattina seguente con un richiamo familiare che ti fa capire di essere a casa.
Stamattina abbiamo tutto il tempo di osservare i primi bagnanti che si affacciano in spiaggia, di apprezzare le foto d'epoca della baia esposte nella veranda del locale e di commentare con stupore le ardite manovre del furgone per i rifornimenti delle taverne, che scende a retromarcia lungo l'unica stradina lastricata rasentando i tavoli apparecchiati all'aperto. E così passano le ore.
Prima che l'Uomo di Ferro cominci a dare segni di impazienza, lui che è meno pratico di me nell'uso (in)utile del tempo libero, apriamo per l'ennesima volta la nostra carta turistica e studiamo il percorso che ci attende in mare. Per l'isola di Lefkada abbiamo trovato le mappe Terrain, le nostre carte preferite: ci piacciono così tanto non solo perchè sono realizzate in carta "polyart", che può essere bagnata e macchiata e stropicciata a piacere, ma anche perchè sono molto dettagliate ed aggiornate, con le spiagge segnate in colori diversi a seconda che siano di ciottoli o di sabbia e persino con le antenne per le telecomunicazioni riportate sui picchi montuosi, che qui punteggiano praticamente tutto il versante occidentale dell'isola. La scala della nostra mappa è 1:40.000 e ci permette di localizzare con facilità tutti i possibili punti di sbarco, di confrontarli con quelli che Mauro ha individuato prima della partenza grazie alle mappe satellitari, e di capire così cosa ci aspetta nel prossimo tratto di costa e cosa possiamo o non possiamo fare.
La costa occidentale di Lefkada è molto scoscesa e di così difficile accesso che alcune delle più belle spiagge dell'isola sono raggiungibili solo dal mare. Le poche spiagge dei primi chilometri a sud del paesino di Aghios Nikitas, infatti, sono dotate di piccole taverne affacciate sul mare, in questo periodo già aperte e funzionanti, ma le altre più a sud, invece, benchè più ampie ed estese, sono state quasi tutte ricoperte dalle frane.
Questa costa si sbriciola come il pane e rende l'acqua di un bel colore intenso e lattiginoso come poche altre volte ci è capitato di vedere.
Il cielo è velato per l'umidità e l'orizzonte è nascosto da un grigiore diffuso.
La costa è dirupata e tutta da gustare, di quelle che non ti stanchi mai di guardare.
Rimaniamo a lungo coi nasi all'insù ad ammirare una frana dietro l'altra, specie quella grande a clessidra, col cono superiore rovesciato pieno dei massi precipitati verso il basso e col cono inferiore formato dai resti della montagna che si è inesorabilmente sgretolata in mare.
Dopo 14 chilometri di scogliere franate e paesaggi desolati, compare l'isoletta di Sesoula, con l'arco naturale sotto il faro che a Mauro ricorda tanto un piccolo fantasmino. Poi un capetto con scogli scuri sparsi in mare che mi ricordo benissimo dal viaggio del 2009 per avere scattato una bellissima foto al mio fratellino in kayak. Alle 15, dopo tre ore esatte di navigazione, cerchiamo di sbarcare ma inutilmente: due torrenti hanno dilavato la montagna e grossi tronchi sono arrivati fin sulla spiaggia, occupata in più punti da smottamenti del terreno che hanno anche distrutto le taverne che un tempo ravvivavano la costa. Capiamo con rammarico che è stata abbandonata anche la taverna dove avevamo pasteggiato e bevuto a lungo e bene nel precedente nostro viaggio sull'isola. Ad Athani, proprio nel cuore della famosa spiaggia di Gialos, tutta ostruita dalla frane e ormai impraticabile, stanno (ri)costruendo o (ri)sistemando una strada tutta tornanti che scende al mare tra la boscaglia, ancora fitta e lussureggiante quando non è stata travolta dai cedimenti del terreno. Si intravedono ancora delle vecchie taverne dismesse e persino qualche piccola casetta per le vacanze: un'altra frana anche prima del capo successivo ha isolato nel nulla una capanna su palafitta rimasta sospesa sul dirupo...
Il sole velato da una sempre più fitta coltre di umidità ha conferito all'intera giornata un colore suo tutto particolare, tra il grigio perla ed il carta da zucchero. Quando puntiamo il nostro ultimo capo, un raggio di sole si fa strada tra le nuvole ed illumina un'altra frana impressionante, che ha tirato giù persino il basamento di una villa che qualcuno ha avuto la brillante idea di costruire proprio sulla cresta della scogliera.
Poi si apre Porto Katsiki ed è tutta una festa.
Una festa di colori, dal bianco luminoso dei ciottoli sulla spiaggia all'azzurro intenso dell'acqua opalescente, dal marrone ambrato delle pareti rocciose che scendono a precipizio sul mare al verde argenteo della boscaglia che ricopre la vallata, che stretta ed angusta scende serpeggiando tra le alture circostanti. Una festa di odori, anche, con l'aria salmastra rimescolata dalla brezza del pomeriggio, che come al solito rinforza e rinfresca, con il profumo variegato della macchia mediterranea e con l'intrusione dell'aroma di mandorle della crema solare dei bagnanti che ancora numerosi occupano l'anfiteatro naturale della spiaggia incassata tra le montagne ed il mare. Una festa di suoni, persino, per la risacca rumorosa prodotta dalle onde che rimescolano i ciottoli e per le voci vivaci dei tre bimbetti che si arrampicano sulle spalle dei genitori e anche per i richiami striduli dei rondoni che a decine si rincorrono in aria e spariscono tra le fenditure invisibili e improbabili della scogliera (e che diventano gli unici accordi della colonna sonora della nostra serata quando finalmente restiamo i padroni indiscussi della baia).
Lo scalino che si è formato a riva con le ultime mareggiate è molto alto e non appena accenniamo a sbarcare uno dei bagnanti più attenti e solerti si avvicina con passo deciso ai nostri due kayak per aiutarci a tirarli in secca: rimane sorpresa dal loro peso e chissà che non si sia pentito subito di essere venuto a darci una mano. Sistemiamo i nostri due panfili sul terzo gradone naturale della spiaggia e troviamo facilmente anche uno spazio adeguato per montare la tenda, sul gradone ancora più alto. Ci prepariamo ad occupare il tempo che ci separa dal tramonto e ricorriamo ai nostri soliti metodi: guardiamo il cielo, seguiamo i rondoni in volo, ascoltiamo il vociare dei vicini... apprezziamo la vita di mare.


Mercoledì 24 maggio 2017 - 18° giorno di viaggio
Porto Katsiki - Mikros Gialos, Lefkada (29 km)
Vento W 10-12 nodi (F3-4) - mare da calmo a poco mosso - 22°C
L'estate non è ancora del tutto arrivata.
Lo sbalzo di temperatura tra il giorno afoso e la notte ventosa si fa sentire con chiarezza: se in navigazione rischiamo di andare lessi, una volta sbarcati dobbiamo subito indossare i nostri abiti più pesanti. Ieri sera, per dire, ho scritto gli ultimi appunti sul diario di viaggio infilata nel pigiama autunnale, mentre Mauro cucinava un saporito risotto coi fagioli vestito di tutto punto, come quando ci prepariamo per andare in taverna. La tenda ci protegge bene dall'umidità notturna ma dobbiamo ancora chiuderci dentro il suo doppio telo ed avvolgerci per bene nei sacchi a pelo, a volte anche indossare la maglia della salute in lana, perchè verso le tre del mattino il freddo penetra anche attraverso il materassino...
Alle sei del mattino ci svegliano i rondoni che riprendono a rincorrersi lungo la scogliera e a cacciare insetti per sfamare i piccoli nascosti negli anfratti delle roccia. Alle otto arrivano i rumori dei lavori di restauro delle tre taverne sul belvedere della baia a cui stanno lavorando alacremente degli operai muniti di trapani e martelli. Alle dieci calano sulla spiaggia come dei lanzichenecchi talmente tanti bagnanti che la spiaggia si colora di cappelli di stoffa e di teli da mare e di ombrellini parasole: i 114 scalini di cemento che scendono lungo l'arcata rocciosa sono percorsi nei due sensi da file di bipedi armati di frigo-bar ricolmi di bibite per dissetare gli adulti e di sacche piene di giochi di plastica per intrattenere i più piccoli, e c'è sempre qualcuno che, non appena messo piede in spiaggia, risale a passo spedito tutta la scalinata per andare a scattare la foto ricordo della giornata. Purtroppo la baia si riempie presto anche dei fumi di scarico del traghettino che vomita a riva decine di altri turisti. E' ora di andare.
Mentre riponiamo le ultime cose nei gavoni notiamo che dal traghetto sono sbarcati anche due marinai, carichi di volantini pubblicitari per promuovere le mini-crociere giornaliere che offrono oltre alla navigazione lungo la costa rocciosa occidentale, anche il bagno di un'ora nell'acqua lattiginosa di Porto Katsiki e la consumazione a bordo di souvlaki e patatine (che è l'unica cosa che ci fa venire l'acquolina in bocca, letteralmente!). Chissà perchè a noi non ci propongono mai niente, anche se lanciano tutti occhiate concupiscenti ai nostri due kayak.
Se in questo periodo a Corfù abbiamo incontrato solo turisti inglesi, e a Paxos ed Antipaxos invece tanti tedeschi, qui a Lefkada sembrano arrivare tutti i bulgari che prendono ferie a fine maggio. Ci sono comitive di ragazzi bulgari ovunque, come quelli in bicicletta incontrati ad Aghios Nikitas o come le sette coppie con cane al seguito che ci hanno avvicinato qui a Porto Katsiki. Un gruppetto dalle camicie sgargianti e dagli accostamenti cromatici inguardabili sventola persino la bandiera nazionale, facile da riconoscere per le sue tre strisce orizzontali bianca, verde e rossa. Il bulgaro è anche una bella lingua e qualche parola si comprende facilmente, come platja, che forse si scrive con altri caratteri ma che si pronuncia proprio come in catalano. Che belle le lingue, starei ad ascoltare per ore le persone parlare idiomi sconosciuti ed incomprensibili, non fosse per l'Uomo di Ferro che vuole scappare da questo carnaio e sottrarsi all'insopportabile "rumore di bambini"...
Non siamo più soli e questo posto incantevole fino al primo mattino è diventato un piccolo girone infernale!
Appena in acqua, si attenua il chiacchiericcio multilingue della spiaggia e si impone la sinfonia polifonica di motoseghe del belvedere.
Dobbiamo raggiungere il primo capo e nasconderci dietro un gigantesco scoglio precipitato in mare per essere assorbiti dal silenzio della natura.
Oggi le previsioni annunciano una brezza leggera da sud che temiamo possa ostacolare la nostra "discesa" fino all'ultimo capo sud-occidentale di Lefkada. Invece, tutto resta immoto fino a quando non raggiungiamo il faro alto e slanciato di Akrotiri Dhoukato, tra scogliere ancora alte e verticali e giardini di roccia in cui ricordiamo di esserci persi anche nel 2009. Dicono che dal tempio di Apollo eretto sul capo si facessero sacrifici umani e che addirittura si gettassero in mare i criminali: le barche li attendevano in mare perchè se sopravvivevano al salto nel vuoto da 60 metri di altezza allora venivano perdonati e avevano salva la vita. Dicono anche che il nome dell'isola derivi dalla parola che in greco antico significa "bianco", proprio per il colore intenso ed uniforme che caratterizza tutta la costa occidentale fino a questo estremo capo meridionale. Dicono pure che Lefkada sia stata data in dono da Laerte, il padre di Ulisse, ad Icario, il padre di Penelope, in occasione delle nozze dei due giovani: la leggenda è stata alimentata dalla lettura puramente geografica dell'Odissea omerica e dalla scoperta di resti micenei sulle colline interne di Vasiliki, ma le ricerche avviate dall'archeologo Wilhelm Dorpfeld, l'assistente di quell'Heinrich Schliemann degli scavi di Troia e Micene, non hanno mai dimostrato che Lefkada fu davvero la patria di Ulisse.
E' comunque un'isola magica che da sola vale il viaggio.
Il capo appuntito e sbiancato segna un confine netto tra l'oriente e l'occidente di Lefkada.
Tanto le pareti rocciose sono scoscese di là dal capo, tanto sono morbide e arrotondate le colline di qua.
Il paesaggio cambia repentinamente e sembra di essere arrivati su un'altra isola, tanto è tutto così differente e discordante.
Finiscono di colpo le scogliere a precipizio e le prospettive verticali, sostituite all'improvviso da rilievi bassi che si appoggiano dolcemente sul mare. Scompaiono i colori uniformi delle frane argentate e si impongono le sfumature intense della boscaglia che uniforme ricopre la terra.
A rompere l'incanto del momento giunge il frastuono assordante di due aerei da caccia che compaiono dal nulla proprio sopra le nostre teste e che squarciano il cielo ed il silenzio con uno strazio che mi lascia la pelle d'oca per un bel pezzo.
Riappaiono le prime costruzioni, appena oltre il faro, i primi centri abitati, i primi villaggi costieri. Il primo è proprio Vasiliki, nascosto sul fondo della profonda baia omonima, meta prediletta dei surfisti di mezzo mondo perchè coi venti prevalenti si formano raffiche forti che gonfiano centinaia di vele che sfrecciano sull'acqua. Come quando siamo passati da queste parti nel 2009: il cielo era pieno di triangoli colorati che percorrevano l'intero golfo avanti e indietro, veloci e instancabili. Stavolta, invece, la leggera brezza da sud diventa una brezza tesa da ovest che rinforza scavallando le alture quel tanto da farci filare gratis dall'altra parte del golfo. Navighiamo senza fatica e corriamo veloci col vento in poppa.
Che bellezza, la velocità!
Quando il kayak plana sicuro sulle onde, quando la pagaia sfrutta ogni ricciolo, quando il gps segna un'andatura sempre più veloce.
E' così bello quando il vento ti prende alle spalle e ti spinge in avanti, quando il mare ti abbraccia da sotto e ti da un'altra bella spinta, quando le onde ti fanno sfrecciare come saette. Le braccia si muovono spedite, sincronizzate con ogni più piccolo sali-scendi dell'acqua, le gambe seguono il movimento ritmico e coordinato, il corpo sfrutta ogni minimo dondolio e tutto intorno si muove così rapidamente che la costa intravista appena qualche minuto prima è già rimasta indietro e si perde tra gli spruzzi che ricoprono i ponti. E' tutto un inseguirsi, raggiungersi e superarsi, un sentirsi parte del mare e del vento, un navigare sicuri e viaggiare felici.
Tagliamo da capo a capo, non sappiamo resistere al richiamo del vento.
Maciniamo chilometri in poco tempo e copriamo distanze inimmaginabili in un nano-secondo.
Arriviamo a spron battuto dall'altra parte del secondo golfo e fin dentro alla Baia di Rouda con una velocità invidiabile.
Siamo in anticipo di un giorno: sfruttando questo vento moderato ma persistente, diventiamo così veloci che guadagniamo un giorno interno.
Anche perchè tagliamo tutto il tagliabile: e da patiti dello scogliettare ci trasformiamo in banda del taglione!


Giovedì 25 maggio 2017 - 19° giorno di viaggio
Mikros Gialos - Mikros Gialos, Lefkada (0 km)
Vento S-W 8-10 nodi (F3) - mare calmo - 22°C 
Oggi è giorno di pausa.
Un giorno guadagnato in mare, grazie al vento di ieri. Un giorno dedicato al riposo, visto che siamo in anticipo.
George Gazetas e gli allievi del training 4* British Canoeing arriveranno solo domani e noi abbiamo tutto il tempo per attrezzare il nostro campo base.
Spostiamo i kayak: ieri sera siamo sbarcati accanto allo stesso gruppo di ragazzi bulgari che avevamo già incontrato a Porto Katsiki, quello delle sette coppie e del cane al seguito e che tra sdraio, seggioline e asciugamani occupano tutta l'estremità della spiaggia che noi avevamo adocchiato già dal largo, perchè la più ridossata dal vento e la più lontana dalle luci della strada. Ci siamo accontentati allora di tirare in secca i due Voyager sul limitare del loro accampamento e abbiamo montato la tenda solo dopo essere passati per la più vicina taverna.
Stamattina invece ci organizziamo meglio: fino alle dieci non compare nessun altro in spiaggia e possiamo colonizzarla come meglio preferiamo.
Stabilizziamo i kayak scavando un piccolo solco sotto le chiglie pronunciate e rinforziamo l'invaso con montagnole di ciottolini. Bonifichiamo anche il nostro piccolo quadrato di spiaggia dai sassolini macchiati di nero catrame, facile da riconoscere in questo distesa di bianco abbacinante. Tiriamo poi fuori per la prima volta il nostro nuovo telo parasole e lo montiamo proprio tra i due kayak, a segnalare che la postazione è nostra e soltanto nostra. Decidiamo anche di dedicare del tempo alla prova dello schampo secco che ci siamo portati dietro e che non capiamo ancora bene se e come funziona: le istruzioni sembrano chiare e semplici, due minuti di applicazione di questa spuma da spruzzare a quindici centimetri di distanza e che una volta spazzolata dovrebbe lasciare i capelli morbidi, districati e puliti (qualunque sia il risultato finale, sarà sempre meglio di questo pagliaio rinsecchito e informe in cui si è trasformata la nostra capigliatura... vi faremo sapere!). Definiamo infine le ultime piccole cose per allestire la nostra casa al mare: sarà la nostra residenza per i prossimi 4-5 giorni, quelli da dedicare al training 4* e al corso di navigazione costiera, oltre che alla relazione da inserire sul sito della British Canoeing e alle schede di valutazione da inviare agli allievi. Perdiamo ancora un po' di tempo a sistemare il disordine che sempre si crea quando sbudelliamo i kayak e solo dopo ci spostiamo alla "nostra" taverna sul mare per fare colazione: dalle undici del mattino alle sei del pomeriggio.
Ah, che bellezza la lentezza!

3 commenti :

  1. Risposte
    1. ... e si Andrea, anche nelle giornate piú buie, il mare greco é spettacolare...

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  2. Bellissimo viaggio! Grazie per le foto e il piacevole racconto di Tatiana, mi fate veramente voglia di partire subito per quel mare ;-)
    Alberto M.

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