SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro lungo viaggio in Grecia...
prima le coste occidentali delle Isole Ioniche... quelle che più ci sono piaciute nei viaggi precedenti, e poi il periplo del Peloponneso.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di maggio e contiamo di finire entro settembre. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro


Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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sabato 8 luglio 2017

In navigazione da Patrasso a Corinto

Sabato 1 luglio 2017 - 56° giorno di viaggio
Kaminia - Rion (26 km)
Vento NW 6-8 nodi (F3) - mare poco mosso - 29°C
Ci svegliamo in un giardino pensile avvolto dall'ombra di alberi da frutta, intorno ai quali sono state adagiate grosse cime d'ormeggio dipinte di viola, tra le quali sono spuntati diversi fiori gialli e rossi di cui ci svela il nome greco la padrona di casa, che abbiamo conosciuto già ieri sera e che stamattina ci saluta con un frettoloso "kalimera", preoccupata più di ritrovare l'anziano marito andato a fare il bagno in mare già da un paio d'ore che non di star dietro al nostro entusiasmo per i suoi fiori "zacharokalamos".
Il colpo d'occhio sul mare è notevole.
Scendiamo i pochi gradini che portano in spiaggia e andiamo a fare colazione accanto ai kayak: per non andare subito lessi, tendiamo il telo para-sole che abbiamo comprato apposta per questo viaggio e così possiamo trascorrere qualche momento all'ombra prima di affrontare il solleone che già infuoca i ciottolini sotto i nostri piedi.
La giornata si annuncia difficile: l'autostrada corre lungo la costa, i paesi si rincorrono uno dietro l'altro ed il profilo di Patrasso incombe sin dalle prime ore del mattino, quando i raggi del sole si riflettono sulle finestre e sembra che in città siano scoppiati tanti incendi d'argento. Fortuna che a noi piace pagaiare, anche nella vasca di casa, come ripetiamo spesso tra noi, se fosse abbastanza grande per i nostri due Voyager: pagaiamo felici e contenti anche quando il paesaggio non è dei più invitanti. Oggi è più difficile del solito, non soltanto perchè fa un caldo africano, soffocante ed appiccicoso, ma anche perchè non si muove una foglia in questo tratto del canale così ben riparato dal vento: per giunta l'acqua ha una temperatura prossima all'ebollizione ed una tonalità giallognola del tutto innaturale, simile ad un minestrone di verdure per le varie specie di alghe che galleggiano in superficie.
E' rassicurante vedere scorrere la costa sotto i nostri occhi, chilometro dopo chilometro, raggiungere posti che solo il giorno prima sembravano lontanissimi, come quel capo che stamattina pareva chissà quanto distante, nascosto dietro il solito velo di foschia. E' bello leggere sul gps che le miglia aumentano e che nonostante la nostra  incorreggibile lentezza riusciamo comunque a coprire ogni giorno qualche centimetro in più sulla carta turistica che campeggia sul ponte anteriore del kayak. Però oggi avanzare ci mette un po' d'ansia: dobbiamo superare il porto di Patrasso. Affrontiamo il delicato passaggio in uno stato di leggera apprensione. Prendiamo tempo: andiamo a cercare un buon punto di sbarco per quando avremo terminato il periplo del Peloponneso ed avremo bisogno di raggiungere il porto per l'imbarco sul traghetto. Lo troviamo a poche decine di metri dalla bocca di porto e, come si addice a queste amene località di servizio, è tutt'altro che ben tenuto. E' un putridume, a dirla tutta: l'acqua è talmente maleodorante che questa ora di navigazione diventa presto nauseante, la più brutta di sempre (neanche in Sicilia, dove pensavamo di avere attraversato i porti più sporchi del Mediterraneo, siamo stati così male!). Pensare di terminare in un'acqua così sporca un viaggio così lungo in luoghi così belli è alquanto avvilente ma sembra proprio che non avremo altra scelta...
Seguiamo la diga foranea dalla luce rossa a quella verde mentre due traghetti di linea attraccati al molo principale sono impegnati nelle operazioni di carico e scarico. La puzza aumenta. E il mare prende delle striature gialle e nere che non lasciano ben sperare. Stando ben attenti a non immergere mai le mani sotto il pelo dell'acqua, superiamo con poche decise pagaiate il porto vecchio, quello dei pescherecci, quello delle piccole petroliere e infine il più piccolo porto turistico. L'acqua puzza sempre. Con la costruzione del nuovo grande porto di Patrasso, le strutture del vecchio porto sono state quasi del tutto abbandonate e se non fosse per le bitte pitturate di fresco con un bel giallo canarino sembrerebbe tutto lasciato all'incuria del tempo, anche i grandi magazzini sul molo e le palazzine che forse un tempo ospitavano gli uffici amministrativi. L'acqua puzza sempre di più.
L'unica nota positiva è che ogni singolo porto di Patrasso, dal quello commerciale a quello turistico, è stato costruito in maniera tale da restare "aperto" sul mare, con un molo frangiflutti parallelo alla costa che lascia entrare ed uscire tutte le imbarcazioni: quando cominciamo ormai a disperare di poter navigare ancora su acque pulite, l'ultimo porticciolo lascia entrare correnti contrarie che puliscono il mare e lasciano andare insieme i nostri kayak ed i nostri polmoni.
Dopo qualche chilometro ed un paio di fari verdi sulla costa, avvistiamo il ponte di Patrasso e qualche spiaggia attrezzata, ricolma di persone troppo allegre e troppo rumorose e pure di una "divisione d'assalto" di bambini greci. Troppo baccano, per l'Uomo di Ferro.
Ma l'acqua torna blu, trasparente e profumata di salmastro!
Poi finalmente si palesa la spiaggia dei nostri sogni: attrezzata con doccia, spogliatoio, bagno chimico e una kantina che sforna a ripetizione suvlakia buonissimi (gli spiedini alla brace di cui andiamo ghiotti). Il tutto raccolto sotto un boschetto di pini, ulivi, tamerici ed i miei amati eucaliptus, con una lingua di sabbia e ciottoli che digrada dolcemente nel mare azzurro del canale e con tanti tavolini sotto gli alberi quante sono le sdraio adagiate alla rinfusa sulla battigia: tutti si godono questo primo sabato sera di luglio e nessuno sembra fare caso a noi che occupiamo l'ultimo angolino ancora libero laggiù in fondo. Peccato solo che la musica techno sparata a tutto volume dal vicino resort rovini questo piccolo angolo di paradiso popolare. Solo quando il sole tramonta di là dallo stretto, ed i rumori si fanno più radi e lontani, il suono del mare torna a regnare sulla notte stellata.
Restiamo sedotti e ammaliati da questa notte calda e dolce sul mare di Patrasso...
Ma in spiaggia non restiamo soli, stanotte: c'è ancora chi, in costume e maglietta, resta assiepato attorno ai tavolini all'aperto, chi torna dalla kantina con un altro piatto di suvlakia fumanti, chi gioca a backgammon, chi fuma, chi sta dietro ai bambini, chi si dondola sull'amaca, chi pesca persino, con delle canne infilate sulla riva e dotate di alcuni campanellini che trillano appena abbocca un pesce, proprio come si usava una volta (e tanto più romantico di quelle lucette chimiche poste sul terminale della canna che poi finiscono disperse in mare o sulla spiaggia).
Quanto è bello il mare di notte, e quanto è bella quest'abitudine tutta greca di vivere il mare fino a notte.

Il tramonto dalla spiaggia pubblica di Rion...
Caffè frappè per un buon matinè!
Il faro di ingresso del porto turistico di Patrasso... 

Domenica 2 luglio 2017 - 57° giorno di viaggio
Rion - Lambiri (23 km)
Vento NW 12-15 nodi (F4) - mare mosso - 30°C
Iniziamo la giornata con un caffè frappè per riprenderci dal trauma della musica dell'albergo vicino alla spiaggia popolare, andata senza sosta fino alle sei del mattino. Quando quella si è spenta, è cominciato subito un concerto di galli che è andato avanti per un paio d'ore, con un intermezzo di tacchini, tortore e cani che ci lascia un ricordo intontito di questa notte sulla bella spiaggia pubblica di Rion.
E' di nuovo affollata, già alle dieci del mattino c'è più gente di ieri, intere famiglie attorno ai tavoli, sulla spiaggia o sotto gli alberi che a suon di bagni e risate danno il via a questa lunga e calda domenica di inizio luglio. Noi iniziamo a chiacchierare volentieri con due ragazzi che si avvicinano ai kayak, prima in inglese con Andreas, il papà di un bimbetto di appena tre mesi che si dimena un poco ma che ascolta tutto tranquillo la nostra conversazione su kayak da pesca e viaggi intorno al Peloponneso; poi in italiano con Panagiotis, un teologo ed italianista che ci racconta un sacco di cose e traccia molte similitudini tra Italia e Grecia e che sorride quando sente che noi vorremmo trasferirci su un'isola greca mentre lui vorrebbe tornare a studiare la cultura italiana. Destini incrociati: speriamo di incrociare ancora i nostri passi.
Poche pagaiate ci portano al Ponte di Patrasso, meglio noto come Ponte di Poseidone, anche se i greci lo chiamano il Ponte dei Francesi ed in realtà il suo vero nome è Ponte Rion-Antirion, dal nome dei paesini sui due lati dello stretto accanto ai quali è stato costruito. Il ponte domina l'ingresso del Golfo di Corinto e con i suoi quattro triangoli di tiranti bianchi cattura subito l'attenzione: ricorda delle montagne di sale, come quelle che abbiamo incontrato lungo i laghi costieri, oppure picchi innevati come quelli che si devono intravedere in inverno verso l'entroterra, o ancora delle vele spiegate nel vento come quelle, a dire il vero poco numerose, che transitano in questi giorni sotto le sue arcate. Leggiamo che la luce è di ben 60 metri e che i piloni sono alti 164 metri: tutto il ponte è lungo 2883 metri ed è uno dei ponti sospesi (strallati, dice wikipedia!) più lunghi del mondo: ci incuriosiscono soprattutto i tiranti bianchi che scendono dai quattro piloni per sostenere le arcate, proviamo a contarli più volte ma la doppia fila ci trae in inganno e dobbiamo ricorrere ancora a wikipedia per scoprire che sono ben 368! Il ponte è stato finanziato da una società francese e dei francesi rimane di proprietà per 42 anni dalla sua inaugurazione, avvenuta nel 2004 in occasione dei giochi olimpici di Atene: chissà cosa ne pensano i greci, di questo ponte a pagamento, avremmo voluto chiederlo a Panagiotis, come tante altre cose che adesso ci vengono in mente, ma non ne abbiamo avuto il tempo... forse un'altra volta.
Scattiamo talmente tante foto di rito al ponte sullo stretto che quasi ci scordiamo delle due fortezze di pietra, con tanto di merli e torrioni circolari, che sorgono ai due lati dello stretto, ora soffocate dalle dimensioni mastodontiche del ponte, un tempo porte d'ingresso del golfo interno ed ora mere testimonianze di un glorioso passato. Nel mentre, il vento rinforza per bene e ci fa superare in un baleno il porto che collega Rion e Antirion con un servizio di traghetti che rimane concorrenziale rispetto al ponte, forse per le tariffe più vantaggiose, anche se sono necessari 45 minuti di navigazione contro i 5 di guida. Per evitare la rotta di questi buffi "traghetti palindromi", con le prue e la poppe dotate di un uguale portellone che a noi hanno suggerito il nome di "Giano Bifronte", puntiamo verso un grande cementificio in cui dei grossi camion sono al lavoro per scaricare la sabbia da una nave attraccata proprio sotto ponti sospesi e rulli trasportatori e grandi silos e braccia meccaniche e ferraglia varia.
Facciamo un po' più di fatica per superare la punta successiva sormontata da un bel faro bianco, con la sommità conica rivestita di rame e con una casetta laterale altrettanto bella ed abitata (chissà chi è il fortunato erede del vecchio guardiano del faro!?): la spiaggia che si allunga in mare come una sottile passerella di sabbia, e che più avanti si apre in uno slargo che per qualche momento abbiamo sperato essere un isolotto, è ricoperta di vele colorate in attesa di essere "ammaestrate" dai kite-surfer che già a decine sfrecciano sulle onde dalla riva fino in mezzo allo stretto. Dobbiamo passare proprio lungo la battigia, dove le tavole di questi acrobati del vento di solito non arrivano: poi, doppiato l'isolotto sui cui alcuni stanno facendo le prime prove di gestione della vela, viriamo le nostre prue di quasi 180 gradi e aspettiamo il momento buono per sfrecciare anche noi nel vento, facendo una gimcana prima tra i vari kiters che ci passano accanto e che ci salutano sorridenti e poi tra gli altri surfisti che sempre più numerosi affollano questo tratto di mare. Tiriamo un sospiro di sollievo: dopo avere passato incolumi tre porti in città nella giornata di ieri non avremmo proprio voluto essere speronati oggi da una tavola da surf... La traccia del gps è identica ad una zeta!
Filiamo col vento in poppa per altri lunghi chilometri: le raffiche superano i 15 nodi e la nostra andatura raggiunge i 4 nodi, con punte di 7 nodi quando riusciamo a prendere il giusto ritmo con l'onda e a far planare i Voyager stracarichi sulle creste più corpose. E' sempre così emozionante pagaiare col vento alle spalle, quando il kayak scivola veloce sull'acqua senza nessuno sforzo apparente da parte nostra, che dobbiamo "solo" mantenere l'equilibrio tra quelle collinette liquide ed anticipare la giusta andatura per non finire con la prua sott'acqua: anche se per la verità, tutte quelle surfate ci fanno venire il fiato corto e ogni tanto dobbiamo rallentare per riprendere un po' di energie.
Tagliamo al largo il primo golfetto per evitare che il frastuono di tre music-bar ci rovini questo pomeriggio di gioco.
Facciamo campo in un vecchio campeggio abbandonato ma ridossato dal vento e dotato di un piccolo porticciolo che fa proprio al caso nostro.

Il Ponte Rion-Antirion sullo stretto del Golfo di Corinto
Il ponte alle spalle...

Lunedì 3 luglio 2017 - 58° giorno di viaggio
Lambiri - Paralia Elikis (20 km)
Vento NW 15-20 nodi (F4-5) - mare mosso - 31°C
La mezza luna fa spesso capolino tra i pini alti che impreziosiscono questo centro vacanze e ci introduce alla notte ventosa e calda con uno spettacolo di ombre cinesi proiettando sulla tenda le fronde ondeggianti di eucaliptus e oleandri in fiore.
Il risveglio mattutino è piacevole e fresco, protetti dall'ombra delle piante per diverse ore fino all'imbarco.
E' un vero peccato che il "Country Club" abbia chiuso, chissà se per la crisi o per la costruzione dell'autostrada Atene-Patrasso proprio alle sue spalle: è un vasto terreno digradante sul mare, ombreggiato da altissimi pini comuni e da amplissime piante di fico, con una grande struttura centrale in legno e vetro che ancora conserva il suo fascino un po' retrò, con alcune piscine di varie dimensioni inserite in maniera fantasiosa tra gli alberi e la spiaggia e con un piccolo porticciolo che forse un tempo aveva un suo perchè: adesso ospita appena cinque barchette a motore, la barriera frangiflutti è caduta in più punti e anche la luce d'ingresso è troppo fioca per segnalare un vero porto. Lungo la spiaggia di ciottoli e nell'interno sotto i pini ci sono ancora un centinaio di casette di legno a pianta esagonale, con tetti ben rivestiti che hanno resistito alle intemperie senza quasi riportare danni, ognuna dotata di bagni e docce con tutta evidenza aggiunte in un secondo momento e sulle cui pareti esterne sono stati ora realizzati vari murales. Sull'altro lato del centro si intravedono delle strutture in muratura, forse cucine e ristoranti, accanto al porticciolo c'è sia un campo da pallone che una taverna con all'interno tanti tavoli blu, mentre delle sedie non c'è più alcuna traccia. Tutto è stato lasciato com'era, neanche avessero dovuto chiudere da un giorno all'altro, senza poter portare via niente... Insomma, mette un po' di tristezza, questo luogo dimenticato, ma al tempo stesso pensi di poterci ancora trascorrere le vacanze estive in compagnia degli amici che sanno apprezzare il campeggio nautico.
Noi proseguiamo la nostra vacanza estiva in kayak prendendo il mare alla solita ora di pranzo e navigando verso est in una strana giornata di vento forte che imbianca il canale. Le annunciate raffiche a 25-27 nodi arrivano proprio nel primo pomeriggio e spingono i nostri due kayak a velocità sostenuta lungo una costa poco valorizzata, con le solite casette costruite fin sulla spiaggia i cui muretti sono stati tutti rosicchiati dal mare. E' già la terza volta che vediamo un rinforzo di protezione realizzato con "copertoni armati", impilati ed imbottiti di cemento e tondini di ferro: questo muro nero protegge un uliveto di una ventina di piante e per un attimo mi chiedo se non siano stati i lavori di realizzazione del ponte sullo stretto a creare tutti questi scompensi lungo la costa interna del canale. Chissà.
Tagliamo al largo il piccolo golfo successivo, quello del paese più grande della zona, Eghio, da cui un tempo partivano altri traghetti per l'altra sponda ma che ora non sembra più offrire questo servizio marittimo, forse poco competitivo in tempi e costi rispetto al famoso ponte. Meno male che scegliamo di correre via nel vento, lontano dalla costa, perchè è in corso una regata velica a cui partecipano almeno un centinaio di derive: le piccole velette bianche ricamano tutta la facciata del paese e animano un poco questo mare altrimenti assai poco frequentato (in tre giorni abbiamo contato appena tre navi in transito ed un paio di barche a vela).
Facciamo una sosta in una spiaggia attrezzata pensando di ripartire in poco tempo ma all'improvviso compare anche una taverna e ci incolliamo alle comode sedie di stoffa dei suoi tavolini all'aperto, sotto l'ombra di gradi alberi frondosi, per un paio d'ore abbondanti. Potremmo anche pensare di fermarci qui per ammirare il mare blu cobalto e per aggiornare il blog, ma dovremmo montare la tenda dentro la veranda di una delle casette allineate lungo la strada e non ci sembra la soluzione ideale. Preferiamo proseguire per cercare un luogo più appartato, e pazienza per il blog, aspetterà il momento adatto, in cui non siamo presi dalla programmazione della navigazione o dalla gestione del campeggio nautico o del puro e semplice pagaiare... Del resto, siamo in viaggio proprio per questo: goderci il "qui ed ora" per poi raccontarlo in differita.
Riprendere la navigazione a stomaco pieno non è mai cosa facile, men che meno oggi che abbiamo mangiato più del dovuto.
Il mare per fortuna è con noi e così gonfiato dal vento sostenuto ci sospinge in avanti senza farci troppo tribolare: ci basta infilare la pagaia in acqua in sincrono con le onde ed il gioco è fatto. Più o meno. Poi bisogna controllare che lo scafo non si inclini troppo su un lato, chè altrimenti ci sbilancia oltre misura, nè in avanti, chè altrimenti ci blocca nell'onda; bisogna anche controllare la direzione, per evitare di procedere a zig-zag, ma il Voyager è davvero un kayak molto direzionale ed in queste situazioni è un piacere vedere come mantiene l'andatura. Insomma, con poco fatica completiamo la nostra tappa giornaliera e possiamo sbarcare.
Il campo non è dei migliori, ma certo più confortevole della tettoia accanto alla taverna: siamo "ospiti" di una spiaggia pubblica che confina con la foce di un fiume ed i ciottoli a riva hanno le dimensioni di tante uova d'oca. Nonostante gli scalini creati dalle onde, alti abbastanza da farci fare più fatica di ieri per tirare in secca i kayak, riusciamo a trovare uno spazio adatto per la tenda, poco sopra la spiaggia, oltre la strada sterrata, sotto una fitta muraglia di canne che ci ripara dal vento e che viene presto sormontata da una corona di nuvole gialle, rosa e azzurrine come in un dipinto di Turner... e la notte arriva presto!

Il faro dei surfisti!
Il porticciolo del "Country Club"
Nel vento nel golfo...

Martedì 4 luglio 2017 - 59° giorno di viaggio
Paralia Elikis - Potamitikos Ghialos (19 km)
Vento NE 12-16 nodi (F4) - mare poco mosso - 32°C
Ci svegliamo col fruscio delle canne che ci proteggono dal vento ma non dal sole.
Per poter fare colazione all'ombra, tiriamo il solito telo parasole legandolo alle prue dei kayak sulla spiaggia di ciottoli.
Siamo costretti ad imbarcarci di prua, per la prima (o forse seconda?) volta dall'inizio del viaggio, perchè le onde sono già alte di primo mattino.
Pagaiamo a testa bassa controvento per due ore filate, lungo una costa antropizzata e rovinata come e più dei giorni precedenti: i muretti, le recinzioni ed i cancelli delle case costruite sul mare, senza lasciare spazio alla spiaggia e alle onde, sono rovinosamente finiti in acqua, creando un paesaggio avvilente, peraltro chiuso tra la strada statale, l'autostrada e la ferrovia, che però non sembra ancora attiva. Il tutto crea un contrasto ancora più netto con l'altro versante del Golfo di Corinto, completamente disabitato, fatto solo di colline brulle e spoglie su cui non corre neanche una strada e su cui non compare neanche una casa. Forse avremmo potuto percorrere quella parte lì, a nord del golfo, come hanno fatto lo scorso anno i nostri amici monegaschi Nathalie ed Alain Antognelli, nel corso delle prima tappa del loro avventuroso viaggio "The Route" che li porterà nei prossimi due o tre anni fino in Siberia. Solo che noi ci siamo ripromessi di completare il periplo del Peloponneso e quella parte lì, a nord del golfo, è la Grecia continentale e quindi non l'abbiamo considerata...
Il vento contrasta la nostra avanzata e dopo neanche dieci chilometri sentiamo il bisogno di fare una sosta: troviamo un bellissimo fico dalla chioma ampia e bassa che proietta sulla spiaggia una grande ombra scura: solo che ad occuparla arrivano insieme a noi anche due matrone greche accompagnate da un cagnetto rasato e curioso che ci induce a ridurre la pausa a meno di mezz'ora.
Procediamo ancora controvento, ma con meno fatica rispetto al mattino perchè adesso siamo più protetti da uno dei vari promontori che si susseguono nel Golfo di Corinto. Ci arrivano notizie di caldi insopportabili ad Atene e nella Grecia continentale, tanto che sembra abbiano chiuso tutti i monumenti all'aperto, compresa l'Acropoli della capitale. Quando c'è questo caldo forte ed afoso, subito dopo arrivano anche venti forti dal nord perchè la zona di alta pressione che si genera sul Mar Egeo richiama l'aria fredda di origine asiatica: controlliamo le previsioni meteorologiche per le Isole Cicladi e troviamo conferma alle nostre supposizioni nell'annunciato Meltemi a 35 nodi. Qui nel Golfo di Corinto fa molto caldo ma i venti, benchè sostenuti, sono meno forti che in altre zone dell'Egeo: non a caso abbiamo scelto per quest'estate di fare un viaggio "facile" in una zona poca ventosa, dove almeno i venti predominanti non soffiano per giorni interi come alle Cicladi, calano al calar della sera e soprattutto non ci bloccano a terra come invece è successo più volte l'estate passata. Capita così anche che in navigazione non risentiamo troppo del gran caldo, sia perchè abbiamo l'opportunità di rinfrescarci spesso con continue abluzioni in kayak e sia perchè il vento costante rende sopportabile queste giornate afose. In più, il mare ci tiene impegnati il giusto e non siamo costretti a fermarci per il vento troppo forte, così possiamo goderci dal vivo questo mare blu scuro, subito profondo e comunque affascinante, anche se aggredito lungo la costa in ogni modo possibile.
Sbarchiamo accanto ad un porticciolo occupato solo da piccoli pescherecci e da qualche gozzo: è presto ed abbiamo tempo di fare tutto con calma, compresa una bella nuotata sulla prateria di posidonia, una passeggiata fino al molo un po' cadente ed una cenetta preparata davanti al tramonto. Poco dopo si accendono le lucine rosse intermittenti delle pale eoliche sulle montagne dell'altro versante del Golfo di Corinto, come tante coroncine che impreziosiscono la parte più bella di questo tratto di costa, l'altra, quella sul continente!

La costa nord del Peloponneso, sul versante sud del Golfo di Corinto!
I tramonti spettacolari del golfo, una delle poche note positive!
E l'acqua turchese!

Mercoledì 5 luglio 2017 - 60° giorno di viaggio
Potamitikos Ghialos - Kamari (28 km)
Vento NE 8-12 nodi (F3-4) - mare mosso - 31°C
Ufff. Un'altra giornata fotocopia.
Il lungo mare è deturpato, più dei giorni passati: in questo tratto hanno persino gettato dei grossi massi a protezione della strada e delle case, con effetto macerie da terremoto. Saltiamo un possibile sbarco a 18 chilometri, in un luogo senza nome, perchè il boschetto di tamerici è soffocato da queste case mezze finite mezze chiuse mezze abbandonate. Proseguiamo contro vento per tutto il giorno, dondolando tra onde alte oltre un metro, che arrivano un po' da tutte le direzioni e che ci fanno ammattire e divertire al tempo stesso. Meglio guardare il mare, verso sinistra, che non la terraferma alla nostra destra.
Sebbene tanto maltrattato, questo tratto del Peloponneso a noi piace lo stesso, soprattutto ci piace l'abitudine greca di stare in mare dal tardo pomeriggio fino all'arrivo del buio, di starci con tutta la famiglia, di mangiare in spiaggia guardando il sole che tramonta... A noi questa Grecia piace comunque, tanto, e anche per questo ci dispiace molto di vederla così maltrattata!
Anche oggi, purtroppo, è tutto un susseguirsi di strade e case: strade che corrono sul mare e case che mangiano il mare. Persino i gozzi sono tirati in secca tra i massi gettati a proteggere la costa, su degli scivoli costruiti con assi di legno ma anche su dei terrapieni di cemento realizzati in un modo così approssimativo che mai ci era capitato di vedere prima.
Ci è stato chiesto da un amico di kayak di riprendere il gioco delle carte nautiche che avevamo iniziato durante il viaggio della scorsa estate alle Isole Cicladi: pubblicare di tanto in tanto la foto della mappa con i luoghi scelti per i campi notturni e con qualche dettaglio sui punti salienti. Avevamo pensato di farlo per le Isole Ioniche, ma avendo pagaiato solo sul versante occidentale non abbiamo chiuso il periplo di ogni isola e le carte sarebbero risultate complete solo per metà. Lo faremo sicuramente per il viaggio in kayak alle Isole del Dodecanneso, che speriamo di portare a termine per il prossimo anno. Intanto, il gioco non si presta per il Peloponneso perchè la carta stradale utilizzata ora, per quanto la nostra preferita (edita dalla casa greca Terrain e prodotta in quella speciale carta "polyart" che si può bagnare e sgualcire a piacere!), ha una scala così grande, 1:200.000, che fa perdere tutti o quasi i dettagli di interesse canoistico. E comunque, in questo lungo tratto di costa del Golfo di Corinto non c'è proprio niente di attraente: non suggeriremmo mai a nessuno di venire qui a trascorrere le vacanze!
Sbarchiamo in un posto bruttino, una specie di parcheggio sterrato ricavato tra un magazzino di segnali stradali e due ville sul mare che più diverse tra loro non potrebbero essere: almeno ci tocca in sorte un tramonto di fuoco.

Tramonto a Kamari
Work in progress a Velo...

Giovedì 6 luglio 2017 - 61° giorno di viaggio
Kamari - Velo (25 km)
Vento NE 5-8 nodi (F3) - mare da mosso a calmo - 30°C
E niente. Continua la costa martoriata. E i nostri patimenti!
Già l'imbraco si prospetta difficile, con onde alte che si rincorrono irregolari e ravvicinate e che frangono a riva con un dumping cicciottello ed antipatico; in più, poco fuori dalla "nostra" spiaggia, si intrecciano bassi fondali e forti correnti che generano un mare confuso come poche altre volte ci è capitato di incontrare. Giriamo ancora i kayak di prua e Mauro mi aiuta con una spinta ben calibrata a superare i primi cavalloni. Lui deve cavarsela da solo, ma come al solito esegue un imbarco da manuale. Ci ritroviamo per qualche momento in una condizione di totale instabilità, per via della troppa acqua imbarcata nei pozzetti, e tra quelle onde così frequenti e così imprevedibili non è facile usare la pompa di sentina a mano. Dopo qualche appoggio, accompagnato da qualche imprecazione, siamo pronti a riprendere la navigazione. Tra una cosa e l'altra è andata via già la prima mezz'ora. Meno male, almeno la giornata si colora di qualcosa di bello da raccontare. L'unica cosa bella.
Per il resto, invece, è la solita solfa: case costruite sul mare, con tutte le possibili varianti architettoniche che nel tempo ha partorito la mente umana, dai tetti piatti a quelli spioventi, rivestiti o meno di tegole rosse, dalle palazzine a cinque piani alle vecchie casette di un solo piano, dalle balconate gittanti, anche arrotondate, alle vetrate ampie come tutta la parete... insomma, un guazzabuglio di costruzioni che deturpano il paesaggio, almeno la parte fruibile dal mare. Perchè forse da terra la visuale è opposta e il bel mare blu fa dimenticare ogni bruttura della costa.
La strada che corre sul mare oggi è trafficata di camion e betoniere che fanno la spola con la vicina cava di sabbia. Il rumore è insopportabile e si somma alle cose da dimenticare, oltre alla polvere che ricopre di un inesorabile velo di sporco tutte le cose all'intorno.
Per giunta, in acqua c'è una distesa di meduse urticanti, quelle piccole, rosse e coi lunghi filamenti rosati della specie Pelagia nocticula, le più antipatiche di tutte le meduse: ad ogni pagaiata ce n'è una in agguato e guai a mettere le mani in acqua, si rischia un'irritazione dolorosa, com'è capitato all'Uomo di Ferro in un momento di distrazione.
Proviamo a cercare qualcosa di bello ma oggi le occasioni scarseggiano.
E' brutto anche lo sbarco: tutto è brutto allo sbarco!
Sono brutte le costruzioni in rovina che sormontano la spiaggia, è brutta la foce del fiume "cementificata" che campeggia poco oltre, è brutta pure l'acqua diventata lattiginosa per chissà quale motivo. E' brutta questa vecchia passeggiata sul mare, fatta di lastroni di cemento franati giù dalla scalinata; è brutta la riva di ciottoli ricoperta di plastiche di varie origini; è brutta anche la spianata su cui finiremo per montare la tenda, usata come parcheggio per le auto e così polverosa che persino le tamerici hanno cambiato colore. Sono brutti i sassolini della spiaggia, tutti spigolosi neanche fossero appena usciti da un cantiere stradale, sono brutti i colori di questo posto, tutti slavati e attenuati come se avessero steso un velo di organza. Non riesce a piacermi neanche il papà capellone e contorsionista che gioca con un materassino gonfiabile insieme a tutti i bambini della spiaggia, e di certo non piace a Mauro quella "armata di guastatori" di piccoli esserini urlanti che sciamano ovunque e invadono l'intera serata. Mi strappano una smorfia di fastidio persino quelle quattro bambine in bikini che nuotano e urlano tra le alghe (ma poi perché? perchè far indossare un costume a due pezzi a delle bambine così piccole? perchè?).
Mi pare che qui si siano abituati al brutto, che è sempre pronto.
Il bello invece va costruito, o quanto meno conservato. Il brutto purtroppo è già servito!
Insomma, spero che questa giornata rimanga soltanto una data sul diario di viaggio, un foglio di ricordi che presto svanirà.

Il ponte sul fiume di Corinto
Il porto grande di Corinto...
Incontri nel porto piccolo di Corinto...
I nostri due panfili ormeggiati a Corinto!

Venerdì 7 luglio 2017 - 62° giorno di viaggio
Velo - Corinto (21 km)
Vento NE 6-8 nodi (F3) - mare calmo - 30°C
Non vediamo l'ora di arrivare a Corinto.
Per chiudere questo triste capitolo dedicato al Golfo di Corinto.
Anzi, alla costa settentrionale del Peloponneso, perchè chissà che l'altro versante del golfo non sia più bello...
Ci mettiamo in acqua di buon'ora: non c'è una bava di vento ed il mare è una tavolozza di colori.
Vuoi vedere che magari l'ultima giornata ci riserva qualche piacevole sorpresa!
Ricompare la spiaggia, per dire, che fino a ieri era sommersa dalle costruzioni sul mare.
Ma per il resto, ancora e sempre case e case e case, qualche ombrellone sulla spiaggia e l'eterna strada litoranea intasata di camion.
Mauro sono giorni ormai che non scatta più una fotografia, dissuaso dal farlo dal panorama per lui fin troppo deprimente. L'unica cosa interessante è contare le gocce d'acqua che scendono dalla falda del cappello ogni volta che ci bagniamo per il gran caldo!
La città di Corinto vista dal mare non desta particolare entusiasmo: è la città delle case a tre piani, conveniamo con Mauro. Almeno non ci sono quei palazzoni alti chissà quanto che si intravedono laggiù a Loutraki, dall'altra parte del canale di Corinto, proprio in fondo al grande golfo. Però l'ingresso dal mare in città lascia davvero a desiderare e quando penseranno di sistemare il lungomare, in questa come in molte altre città di mare, anche italiane, sarà sempre troppo tardi, specie per chi dal mare arriva e al mare si affida.
Oggi anche il mare non ci consola, giallognolo e sciatto, un po' sporco in prossimità dei due porti di Corinto. Il primo è troppo grande ed è vuoto, appena un catamarano ed una barca a vela attraccati al molo. Il secondo è piccolo e stracolmo di barchette a motore, qualche peschereccio e tante vele battenti bandiera straniera. Noi scegliamo il secondo per uno scalo tecnico: siamo a corto di liquidi e qui vicino c'è un bancomat.
L'unica nota positiva della giornata sono cinque bimbetti che si sbracciano non appena ci vedono arrivare: due sono nudi, completamente nudi, il più piccolo ha indosso solo una maglietta di una taglia troppo grande che gli arriva quasi alle caviglie, il più grande cerca di imbastire una conversazione ma noi non capiamo il greco e la ragazzina in mutande corre sempre a farsi un bagno sotto il rubinetto d'acqua dolce del porto. Per tenerli a bada mentre l'Uomo d Ferro si allontana dai loro urli e strepiti scatto una serie di fotografie: è un bel trucco, per far star buoni i bambini più scalmanati, fargli delle foto, ma questi sono così svegli da voler subito vedere il risultato nell'anteprima. Se ne vanno contenti e soddisfatti, salutando e chiamandoci per nome, l'unica informazione che siamo riusciti a passarci, i nostri nomi.
Ora siamo sulla spiaggia di Posidonia, a due passi dall'ingresso del Canale di Corinto.
Restiamo qui qualche giorno in attesa dell'autorizzazione a passare il canale in kayak...  

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