SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro lungo viaggio in Grecia...
prima le coste occidentali delle Isole Ioniche... quelle che più ci sono piaciute nei viaggi precedenti, e poi il periplo del Peloponneso.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di maggio e contiamo di finire entro settembre. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro


Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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domenica 10 settembre 2017

Incontri interessanti fino all'ultimo giorno di viaggio...

Mercoledì 6 settembre 2017- 115° giorno di viaggio
Arkoudi - Paralia Lechena (25 km)
Vento NW 10-12 nodi (F3-4) - mare poco mosso  - 25°C
Puntiamo la sveglia alle sette per tentare di battere sul tempo il vento che da ieri non ne vuole sapere di calare.
Prima delle otto del mattino, però, non usciamo dalla tenda perchè là fuori fa freddo e tira sempre vento forte.
Provare a difendersi dalla sabbia che si infiltra in ogni cosa è impresa titanica ed inutile: la sabbia è ovunque.
Oggi la baia non è più battuta dai frangenti della burrasca e la calma regna sovrana: per uscire non abbiamo più bisogno di attendere il momento giusto o di passare negli unici trenta metri senza onde. Oggi la baia è piatta come uno specchio. Solo la baia, però, perchè appena fuori dalla barriera di scogli che la proteggono dal vento imperante, il mare è ancora tutto in movimento. Ci toccano dieci chilometri controvento.
Ci ricordiamo bene questo tratto di costa, pieno di spiagge di sabbia chiara e fine dotate tutte di stabilimenti balneari ancora in piena attività, qualche scogliera di arenaria e una manciata di scogli sparsi qua e là. L'acqua è di un bel colore verde smeraldo e come a fine giugno, quando siamo passati da queste parti per la prima volta, è talmente trasparente che le decine di meduse che galleggiano appena sotto la superficie sembrano non già nuotare ma piuttosto volare intorno ai nostri due kayak. Si vedono alla perfezione le rughe del fondale sabbioso e l'ombra dei Voyager crea dei giochi di chiaro-scuro molto curiosi, quasi ipnotici.
Per un momento, stanchi di pagaiare controvento, pensiamo di fare una sosta sull'isolino che si staglia all'ingresso del porto di Killini: sotto al suo bel faro di mattoni scuri e di greche bianche si apre una piccola spiaggetta in cui sarebbe bello restare qualche minuto al riparo dal vento. Poi invece prevale il desiderio di proseguire oltre il capo, per sfruttare il vento che dal mascone è passato finalmente al giardinetto, e di tagliare anche il piccolo golfo di Killini, per approfittare di un raro momento in cui i traghetti non entrano e non escono dal porto. Vediamo con soddisfazione il gps segnare i 7 chilometri orari: siamo nelle condizioni ideali per "macinare" un po' di chilometri per accorciare queste tappe di trasferimento verso Patrasso.
Arriviamo all'ingresso del piccolo porticciolo turistico di Paralia Lechena quando il vento rinforza così tanto da imbiancare di nuovo tutto il mare intorno a noi: le onde sono cresciute al punto da ricoprire i ponti dei nostri kayak e da rendere la navigazione più bagnata di quanto avessimo preventivato. Inoltre, visto che tutto questo tratto di costa è basso e sabbioso, con fondali leggermente digradanti, verso riva si forma subito una lunghissima zona surf che, se il mare continua a crescere, potrebbe rendere lo sbarco alquanto impegnativo. Scegliamo allora la soluzione più indolore: entrare in porto e sbarcare sullo scivolo di cemento. Mai scelta fu migliore di questa!
Il porto di Paralia Lechena è uno di quelli costruiti di recente con i finanziamenti della Comunità Europea. Non è mai stato terminato e salvo per la parata di lampioni che lo illuminano a giorno, anche durante il giorno, non ha altri servizi: nè acqua potabile, nè bagni pubblici, nè tanto meno uffici della Guardia Costiera. C'è solo un grande spiazzo di cemento antistante il porto, protetto da due dighe foranee costruite nel solito modo sbagliato, quella a L che finisce esattamente all'altezza dell'altra, cioè sempre troppo corta per evitare che la sabbia spostata dalle correnti ostruisca l'ingresso del bacino. Così il porto si insabbia: la barca a vela battente bandiera francese è lì ancorata al molo da due anni, quando è entrata l'ingresso era agibile, ora non riesce più ad uscire perchè il fondale è salito a 1.2 metri, troppo basso per il suo pescaggio di 1.8 metri! Servirebbe un dragaggio con una gru, che pure è stato fatto l'anno passato ma che è durato il tempo di una notte e che è stato subito annullato dalla prima mareggiata. Senza lasciare il tempo alla barca a vela francese di prendere il largo. Bisognerà chiamare un'altra volta la gru, oppure accettare la sorte di vivere il porto come in una prigione a cielo aperto.
Tutte queste cose ce le racconta Dominique, il mozzo della vela che scende a parlare con noi non appena mettiamo piede sullo scivolo del porto. E' molto loquace e molto simpatico; con le sue 5-6 lingue mescolate, tra francese, greco, spagnolo, portoghese ed italiano riesce ad imbastire una conversazione con Mauro che va avanti per tutto il pomeriggio.
Io intanto vado a "grufolare" sulla spiaggia.
Con la costruzione del porto al centro di questo lungo litorale sabbioso, la spiaggia a nord è scomparsa mentre quella a sud aumenta a vista d'occhio, di due metri ogni anno. Questo me lo racconta Spiros, il simpatico vecchietto che mi saluta mentre raccolgo alcuni ossi di seppia perfettamente conservati (perfetti per la mia collezione di pescetti!). Mi dice di entrare per fare due chiacchiere e io torno ai kayak per invitare anche Mauro. La veranda di Spiros è un luogo magico: aperta sul mare, a due passi dal mare, ha tutte le vetrate che si riempiono di mare. Specialmente in serate come questa, quando il vento gonfia il mare di onde spumeggianti che staresti delle ore a guardare. E noi passiamo il resto della serata a guardare il mare, le onde ed il tramonto del sole tra le isole di Cefalonia e di Zante, allungate proprio di fronte alla veranda di Spiros. Che continua a chiederci cose e a raccontarci cose: vuole sapere se lavoriamo, se siamo sposati, se abbiamo figli, se siamo credenti, se vogliamo qualcosa da bere. Rispondiamo di no a tutte le sue domande, tranne all'ultima: ci offre subito una birra ghiacciata e una limonata greca che è tra le mie bibite preferite. E poi continua a spiegarci come ha costruito la sua casa, la sua "sweet home" come ripete più volte: "it's illegal", ci dice, come tutte le altre 220 casette costruite lungo i due chilometri di costa attorno al nuovo porto di Paralia Lechena. Solo che le case abusive c'erano già prima del porto, da oltre vent'anni, e non sono mai state abbattute come in altri tratti del litorale sabbioso del Peloponneso: sono state invece dotate dei servizi minimi come acqua, luce e nettezza urbana (non abbiamo capito se possono contare anche sull'allaccio del gas, poco diffuso qui in Grecia, ma c'è sicuramente la connessione internet!). Anche il sindaco del paese ha una casa lì al mare, e anche il Pope. Proprio accanto alla chiesetta costruita davanti alla taverna. Perchè c'è anche una taverna, nel paese cresciuto abusivamente sul mare.
Al sentire pronunciare la parola "taverna" ci si illuminano gli occhi, a Mauro e a me: Spiros capisce che siamo affamati e noi gli spieghiamo che quando siamo in navigazione pranziamo "solo" con una barretta di pasteli, il dolce tipico greco di sesamo e miele, e che all'arrivo della sera ci sale una fame da lupi. Proviamo ad invitarlo a mangiare fuori insieme a noi ma ci dice di non poter uscire per via della gamba malferma (e della dieta ferrea a cui l'ha costretto il medico!). Lo salutiamo controvoglia e ci incamminiamo lungo la spiaggia alla ricerca della nostra taverna insperata: ci troviamo Dominque, il mozzo francese, che ci invita a sedere al suo stesso tavolo. E le chiacchiere continuano in franco-italiano fino a notte fonda!

Il vento ha scavato la sabbia intorno al nostro campo ad Arkoudi...
Una sosta prima di Killini...
La costa verso Killini...

Giovedì 7 settembre 2017 - 116° giorno di viaggio
Paralia Lechena - Paralia Kaloghiria (23 km)
Vento NW 8-10 nodi (F3) - mare poco mosso - 25°C
Dormiamo all'ombra di una siepe dietro una della casette abusive davanti al porto.
A parte i cani che sulle prime ci hanno ringhiato ed abbaiato, ma che poi hanno capito che eravamo amici e non hanno più smesso di scodinzolare (tanto che due hanno dormito davanti all'ingresso della nostra tendina come a volerci fare la guardia), la notte è stata una delle più lunghe e soporifere dell'intero viaggio, con la luna piena ad illuminare il campo di pomodori accanto e a proiettare ombre di foglie mosse dal vento (instancabile e inarrestabile!). Ci svegliamo alle nove passate, tanto nessuno sembra fare caso a noi.
Dominique è già sul molo che ci aspetta per la prima colazione: lo invitiamo a bere un succo di frutta, l'unica cosa che abbiamo da offrire, ma ci risponde sdegnato che lui non beve certe cose. Poi Mauro si ricorda di avere ancora una scorta di grappa: e Dominique accetta all'istante! E così le chiacchiere riprendono fino all'ora di pranzo. Chissà se riusciremo mai a lasciare questo porticciolo pieno di belle persone.
Dominique vive in Grecia da sette anni: in Francia, ci spiega, ha una pensione talmente ridotta che arriverebbe si e no a metà mese, qui invece riesce a barcamenarsi con qualche lavoretto coi pescatori del posto, qualche baratto di pesce in cambio di olio ed ortaggi, qualche acquisto di tabacco locale non trattato e "smerciato" in piccole buste di plastica. Qui, continua, si conoscono tutti, non ci sono furti, c'è una corruzione dilagante che però non si vede, si può vivere con poco e sono tutti cordiali e disponibili. In Francia non è più così da tanto tempo, forse anche in Italia: qui in Grecia sembra di vivere indietro nel tempo di quarant'anni. Dominique vive sulla barca a vela rimasta prigioniera nel porto perchè s'è insabbiato l'ingresso: aspetta che il proprietario si rimetta in salute e venga a dargli il cambio per poter tornare in Francia a far visita alla sorella, al fratello e alla compagna ma... già pensa di tornare subito indietro e di comprare una casette tra le 220 abusive (comprare? ma se sono tutte illegali! Ma si, certo, non fa niente: si vendono e si comprano come fossero case "normali"!) e di continuare a vivere in questo piccolo paradiso. Me oui, ici c'est le paradise!
Passiamo a salutare Spiros: gli lasciamo la copia della rivista greca Panorama che ci aveva regalato Manolis perchè è il numero in cui hanno pubblicato il racconto di venti pagine fitte di fotografie spettacolari del suo giro invernale del Peloponneso. Spiros guarda le foto e finalmente capisce che cos'è un kayak: "io ho sempre avuto un motoscafo, ma in mare con una barca così stretta non ci andrei mai", ci dice deciso col suo inglese fluente (perchè Spiros ha vissuto 45 anni in Australia, dove ha lasciato una moglie divorziata e due figli quarantenni: ma è sempre tornato in Grecia per le vacanze estive, tutti gli anni almeno uno o due mesi all'anno, tanto che non si è mai sentito davvero un emigrante, ci dice emozionato!). E non ci andrei neanche oggi che il vento è meno forte di ieri, ci apostrofa paterno. Noi invece gli spieghiamo che questo è il mare che preferiamo. "Vi scrivo di sicuro, io non ce l'ho ma il mio vicino di casa ha internet, spero di potervi incontrare ancora quando tornerete in Grecia il prossimo anno!".
Salutiamo e partiamo.
E la giornata non ci riserva molto altro.
La costa è bassa, anonima, punteggiate di casette abusive, di qualche tratto di duna con belle pinete retrostanti.
Poi arriva il capo roccioso sormontato da una chiesetta e da un sito archeologico che ricordavamo bene: dietro si nasconde un vecchio villaggio abbandonato ed una sorta di campeggio libero organizzato tra i pini marittimi. Sbarchiamo contenti di rimettere piede in un posto conosciuto.

L'arrivo al porto di Paralia Lechena...
Lo spettacolo delle ombre cinesi nella nostra tendina...
Mauro insieme a Dominique!
Tatiana insieme a Spiros!

Venerdì 8 settembre 2017 - 117° giorno di viaggio
Paralia Kaloghiria - Paralia Kato Achea (31 km)
Vento NW 8-10 nodi (F3) - mare poco mosso - 25°C
Altra giornata di trasferimento.
Niente da dire se non che il vento ci accompagna fin dentro al Golfo di Patrasso.
L'imbarco è un po' ostacolato dalla posidonia che si infila sotto tutti gli elastici e le cime dei ponti.
C'è ancora l'acqua verde smeraldo, i fondali sabbiosi e le meduse che si lasciano trasportare dalla corrente.
C'è una lunga spiaggia deserta sormontata da una folta pineta protetta da una zona di riserva naturale.
C'è anche la foce di un fiume che scivola in mare accanto ad una delle dune più alte che ci sia mai capitato di vedere.
Ma il cielo è coperto e noi cominciamo a chiederci se arriveremo mai a Patrasso.
Senza mai sbarcare sgranocchiamo la nostra barretta in kayak ed aspettiamo di avvistare un luogo adatto per il campo.
Alla fine, entriamo nel malandato porto di Paralia Kato Achea, il primo che vediamo così rigonfio di pescherecci pronti a salpare.
Ci chiediamo perchè mai i porti nuovi vantino appena qualche motoscafo mentre quelli in cui lavorano così tanti pescatori sono tra i più trasandati del paese: questo non ha una diga foranea che si possa definire tale, ma giusto una massicciata gettata in mare per proteggere in qualche modo l'ingresso, non ha la luce verde, che però scoviamo poco dopo spiaggiata ben oltre la bocca di porto, e non ha nessuna banchina, tanto che i pescherecci sono ancorati uno accanto all'altro anche in terza e quarta fila.
Noi scoviamo un triangolino di spiaggia nera e sporca accanto ad un gozzo tirato in secca per gli stagionali lavori di restauro. E' sicuramente il luogo di sbarco più angusto di tutto il viaggio. Ma appena oltre il cantiere navale fa capolino una bella taverna in cui chiudiamo in bellezza la giornata.

Comodità a Paralia Kaloghiria...
Lo sbarco angusto al porto di Paralia Kato Achea...
L'ultimo giorno di navigazione...

Sabato 9 settembre 2017 - 118° giorno di viaggio
Paralia Kato Achea - Patrasso (21 km)
Vento 5-6 nodi (F2) - mare calmo - 25°C
Eccoci arrivati all'ultimo giorno di navigazione.
Patrasso è là, avvolta dalla foschia dell'umidità.
Stamattina pioviggina, poi in mare piove a dirotto. Ma esce anche il sole, quando il vento riprende a soffiare con vigore.
Sembra che il nostro viaggio debba concludersi proprio sotto una giornata uggiosa, di quelle che racchiudono le quattro stagioni in poche ore.
La costa è grigia e le montagne a stento si intravedono dietro la coltre nuvolosa, il mare prende la sua tonalità nero petrolio e non cambia più.
Dopo una breve sosta al chilometro 15, per sgranocchiare la nostra ultima barretta di sesamo e miele, ci avviamo veloci verso il porto di Patrasso.
Quando siamo passati di qua la prima volta, avevamo individuato un comodo punto di sbarco che subito abbiamo soprannominato il "putridume", uno slargo appena fuori dal porto in cui è sorto una specie di cantiere navale. C'è un rimorchiatore ormai arrugginito ancorato alla banchina, pure rugginosa, ed una vecchia pilotina tirata in secca sugli invasi. Poi nient'altro, salvo un paio di furgoni scassati ed un capannone pieno di non si capisce bene cosa. Ricordiamo che l'odore dell'acqua era nauseante, per non dire del colore, e temiamo di trovare il "putridume" in condizioni ancora peggiori. Invece forse il gioco di correnti ci fa buon gioco: oggi l'acqua sembra di sorgente, in confronto a quella del primo giorno di luglio!
Sbarchiamo sulla sabbia nera e appiccicosa, tiriamo in secca i kayak usando una gomma di automobile dimenticata nei paraggi, e cominciamo guardinghi le operazioni di smontaggio dei kayak. Compare d'un tratto quello che crediamo essere il guardiano del posto: gli sorridiamo, ci sorride, gli chiediamo se possiamo lasciare i kayak sul molo e dormire la notte qui accanto. "Nè, tipota", ci risponde: certo, non c'è problema. Come sono disponibili ed ospitali i greci, sempre!
Andiamo a comprare i biglietti, per essere sicuri di avere un posto sul traghetto di domani.
Festeggiamo la chiusura del viaggio con una birra ed un caffè nel bar della stazione marittima e poi aspettiamo che faccia buio per montare la nostra casa per una notte. Per l'ultima notte. In una notte che non sembra mai diventare tale. Qui in città la notte non è mai davvero buia. Patrasso è tutta illuminata dalle luci delle strade e delle case ed il chiarore la ricopre come in una di quelle palle di vetro che quando le giri sottosopra cade la neve. Anche quando il sole scompare gettandosi in mare, il bagliore serale della città regale una visibilità per noi del tutto insolita. Il nuovo porto è illuminato a giorno da una sfilza di lampioni che sparano una luce gialla e pesante, che penetra non solo nella tenda ma anche sotto le palpebre... sarà una notte lunga e faticosa, per via degli effluvi provenienti dal vicino stabilimento (che non abbiamo capito se è una raffineria oppure una distilleria!), del continuo borbottio dei macchinari che riempiono l'aria di una cantilena simile ad una risacca ininterrotta e del rumore assordante dei tir che continuano a passare a velocità sostenuta sul vicinissimo cavalcavia. Duro il ritorno alla vita di città!

Il campo al "putridume"!
All'ingresso del porto nuovo c'è da anni questo vecchio barcone a cui siamo ormai molto affezionati...
La graditissima visita di Panos: a presto!

Domenica 10 settembre 2017 - 119° giorno di viaggio
Patrasso - Patrasso (0 km)
Vento variabile - mare calmo - 25°C
Ecco fatto: abbiamo finito il viaggio.
Anche se dobbiamo ancora prendere il traghetto da Patrasso per Bari, dove arriveremo domattina intorno a mezzogiorno (sempre che la compagnia greca non accumuli il solito ritardo interplanetario!), e poi tornare da Bari a Latina con la Mauromobile che Lucia e Raffaele, i nostri amici "chauffeures per un giorno", si sono incaricati di riportarci fino al porto pugliese. Insomma, alla fine il viaggio finirà lunedì sera a casa del Mammut, e forse non del tutto ancora, perchè chissà quando riusciremo a tornare a casa nostra a Legnano...
E mentre aspettiamo che si faccia l'ora dell'imbarco ecco una nuova sorpresa: Panaghiotis passa a salutarci!
Abbiamo conosciuto Panos lo scorso 1° luglio, quando eravamo passati da Patrasso la prima volta ed avevamo campeggiato in una bella spiaggetta attrezzata proprio alle porte della città. I nostri due piccoli panfili avevano attirato l'attenzione dei bagnanti e Panos ci aveva avvicinato per farci qualche domanda. Il suo italiano fluente e forbito, quasi del tutto privo di inflessione straniera, ci aveva incuriosito e le domande erano presto diventate incrociate: lui chiedeva dei kayak, noi chiedevamo della Grecia. Siamo rimasti in contatto durante questi ultimi due mesi e ora che siamo tornati in città ecco che il nostro nuovo amico greco torna a farci visita. La stazione marittima è molto distante dal centro della città e oggi che è domenica scarseggiano anche i mezzi di trasporto pubblici: ma lui arriva col pulman di linea, sorridente e allegro.
Pranziamo insieme chiacchierando fitto fitto per le tre ore successive, di Grecia e di Italia, di somiglianze e di differenze, di tradizioni e di contraddizioni. Panos ha una prima laurea in teologia e dopo essere venuto in Italia per imparare la lingua sta per prendere la seconda laurea in italianistica: è curioso di conoscere e capire la realtà italiana quanto noi lo siamo di scoprire quella greca, così non facciamo altro che scambiarci informazioni su tutto, scrittori, politici, eventi storici passati e presenti. E' un bel parlare, che ci tiene legati alla nostra amata Grecia fino all'ultimo.
Facciamo fatica a staccarci da questo paese che sentiamo ormai come una nostra seconda casa.
Sappiamo che non è un addio, che torneremo presto, molto presto, anche prima della prossima estate, ma ci lasciamo un pezzetto di cuore.
La Grecia di cui parlano in televisione, quella della crisi economica e politica, quella degli scontri nelle manifestazioni di piazza, quella delle file davanti agli sportelli bancari, noi non l'abbiamo incontrata. Tutti ci hanno sempre detto che Atene, la capitale con oltre due milioni di abitanti, vive da sempre in una condizione molto più difficile e disagiata del resto del paese. Nel Peloponneso, come anche nelle Isole Ioniche pochi mesi prima e nelle Isole Cicladi la scorsa estate, noi abbiamo trovato un clima disteso, rilassato, allegro. Certo si capisce da molti particolari, piccoli e grandi, che il paese non vive una condizione agiata: molti alberghi e ristoranti hanno chiuso, a riprova che il turismo non può da solo sostenere l'economia nazionale, molti giovani hanno lavori precari e stagionali, molti altri hanno visto gli stipendi ridotti e le tasse aumentate. E' anche vero che non fanno la raccolta differenziata, non usano il casco neanche in autostrada e fumano ancora tutti nei locali pubblici... E' un paese ricco di contraddizioni, come tanti altri paesi, forse tutti. Ma questa Grecia ci ha sedotto e conquistato: è il paese delle persone più accoglienti ed ospitali che ci sia mai capitato di incontrare, è il paese in cui convivono in armonia e pace religioni diverse come la cristiana, l'ortodossa e la islamica, è il paese dove vivono e lavorano europei, arabi e mediorientali in una realtà multietnica che dovrebbe fare scuola in Europa. La Grecia, da sempre culla della civiltà, ci ha dimostrato di esserlo ancor di più ai giorni nostri, il paese alle porte dell'Europa che rappresenta un ponte non solo ideale ma anche pratico e concreto tra Oriente ed Occidente, dove culture e razze si mescolano in libertà...
Ne parliamo ancora con Panos, prima di avventurarci sotto il sole cocente verso l'ingresso del porto, presidiato come tutti i porti greci: dobbiamo evitare le ronde della guardia costiera che cerca di impedire ai migranti di imbarcarsi come clandestini su uno dei tanti traghetti ancorati al molo e dobbiamo trascinare i nostri due piccoli panfili sui loro rispettivi carrellini prima fin laggiù al varco di accesso e poi indietro fino alla nostra nave... un'ultima sfacchinata prima di riposare tutti, noi ed i kayak, nella pancia del traghetto per Bari.
Lasciamo la Grecia sapendo di ritornarci presto!

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